ARCIVESCOVO –
Carissimi maturandi,
ha scritto Alessandro D’Avenia: “Ciò che rende la vita insopportabile non è l’assenza di piacere, ma l’assenza di destino e di senso. La maturità è farsi carico della vita e prendersene cura, come si può, nel tempo e nello spazio che ci è dato.”
L’esame di maturità a cui vi preparate è legato alla scelta sul vostro futuro. È un momento particolarmente decisivo della vostra vita che vi pongono davanti la domanda più importante di quelle che vi faranno i vostri professori per conquistare il sudato pezzo di carta: «Io che ci sto a fare al mondo?». È la questione del senso della vita, la questione fondamentale di ciascuno di noi. Ma come capire che cosa sto a fare al mondo? Per rispondere a questa domanda occorre capire qual è il senso del mondo e della storia.
C’è un uomo che è entrato nella storia per rivelarci ciò che noi da soli non possiamo penetrare, per svelare il senso ultimo del mondo e aiutarci a capire il significato della vita: Gesù Cristo.
La nostra vita ha senso come risposta ad una chiamata che Dio ci rivolge attraverso le nostre inclinazioni, i nostri talenti, il nostro temperamento. Perciò anche l’orientamento professionale dovrà tener conto di queste tendenze native come il modo per incamminarsi dove Dio, attraverso le capacità che ci dona, ci chiama. Bisogna poi fare i conti con le circostanze inevitabili: uno vuole fare ciclismo perché è veramente dotato atleticamente, ma ha un incidente e rimane zoppo. Poi bisogna confrontarsi con i bisogni della società e della comunità cristiana.
La questione fondamentale per la scelta della risposta alla vocazione di Dio alla felicità è educarci a essere tutti spalancati a scoprire i segni attraverso cui io posso capire a che cosa sono chiamato.
La concezione della vita come vocazione contrasta con la mentalità comune di oggi abitua a guardare l’avvenire basandosi sul tornaconto egoistico. La strada da scegliere, la persona da amare, la professione da svolgere, la facoltà cui iscriversi,tutto è determinato così da erigere a criterio assoluto l’utilità particolare del singolo.
La vocazione cristiana a realizzare pienamente noi stessi contribuendo al bene della comunità non è un comando, è un suggerimento, un invito, una possibilità intravista, una sfida alla vostra libertà, che è nelle vostre mani.
Vi auguro che possiate affrontare serenamente la prova degli esami, ma soprattutto prego il Signore che vi dia la grazia di vedere tutti i segni che vi consentano di identificare la vostra vocazione in modo tale da non sbagliare la strada e di fare quella scelta che da un senso pieno alla vostra vita.
Il Vostro amico vescovo
Michele Pennisi