MESSAGGIO PER IL SANTO NATALE 2020 – La musica del Natale e la mistica della fraternità

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L’ARCIVESCOVO 

Carissimi,

è spontaneo domandarci che senso ha celebrare il Natale in questo tempo di pandemia che ci fa ripiegare in noi stessi per l’incertezza del futuro, ci rende diffidenti verso l’altro perché possibile untore, pieni di sfiducia e talvolta di rabbia verso delle scelte politiche spesso ritenute inadeguate.

La pandemia, ci fa scoprire le false sicurezze e l’incapacità di vivere insieme, tuttavia ci aiuta a comprendere che abbiamo bisogno gli uni degli altri e, soprattutto, abbiamo bisogno di Qualcuno che dia un senso profondo alla nostra vita.

“Salvare il Natale” per noi credenti è qualcosa di diverso da quello che intendono tante persone per le quali le feste natalizie coincidono con la frenesia del consumismo, nel pur legittimo desiderio di far girare l’economia. Anche per noi potrebbe esserci il rischio di considerare il Natale come una festa tradizionale che, dimenticando il festeggiato, si riduce alla festa dei regali e al cenone. E questo avviene quando la festa non è più la contemplazione del mistero dell’Incarnazione, che ci invita a mettere Gesù al centro della nostra vita.

Preparare la corona dell’avvento, costruire il presepe o l’albero di Natale, partecipare alla novena possono restare gesti abitudinari senza significato se, come ci chiede la liturgia, di anno in anno non siamo capaci, attraverso la meditazione dei vangeli dell’infanzia di Gesù, di ripartire alla sequela di Cristo. Nulla più dell’abitudine uccide l’amore e nulla ci distoglie dalla fede più della pigrizia spirituale e di una religiosità disincarnata dalla vita reale.

Dio non permane relegato nel suo cielo, ma si fa uomo con gli uomini e nostro compagno di viaggio per intraprendere con noi un cammino che dia senso alla vita e alla morte. Il Natale, che ci presenta il paradosso di un Dio che si rende visibile in un bambino nato da una donna, non è un evento del passato, ma un mistero che si è reso presente nella storia e che continua; è l’annunzio della nascita di un uomo nuovo, che è venuto a ricostruire un mondo nuovo, dove c’è spazio per tutto ciò che è autenticamente umano, per la santità quotidiana che ci dà la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni.

Come cristiani siamo chiamati a diffondere la bellezza della musica del Natale che non può esaurirsi nel dolce suono di una cornamusa, nei tradizionali canti natalizi, nei rintocchi delle campane che suonano a festa per riecheggiare il canto degli angeli, ma deve continuare nella testimonianza di una vita rinnovata alla luce della bella notizia dell’amore di Dio per l’umanità.  Per Papa Francesco “se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna” (Fratelli tutti, n. 277).

Il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice che la nostra vita è inserita in quella di Dio e ci aiuta a fare memoria della tenerezza e della grandezza dell’amore di Gesù, che ci ama fino a unirsi a noi, perché anche noi potessimo unirci a Lui.

In Gesù, il Padre ci dona il suo Figlio, Fratello maggiore, che a differenza di quello descritto nella parabola del “figlio prodigo”, viene a cercarci quando ci siamo allontanati da casa e partecipa alla gioia del Padre; Amico fedele che ci sta sempre vicino e vuole che la nostra gioia sia piena.

A partire dal mistero del Natale siamo invitati a coinvolgerci nella storia della salvezza, a sentirci contemporanei di Gesù Cristo, che è vivo e presente in questo terzo millennio dopo la sua nascita, a seguire lui “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), sulla via dell’umiltà, della povertà, della semplicità, della tenerezza, del dono di sé agli altri, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce del Golgota.  Papa Francesco ci ricorda che “l’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall’appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla riconciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza” (Evangelii Gaudium, n. 88).

Ognuno di noi, per rendere credibile il mistero del Natale è chiamato, a testimoniare la sua fede vivificata dall’amore con concrete azioni di misericordia a servizio delle persone più bisognose. Nel fare i regali a familiari e amici non possiamo dimenticare chi manca del necessario. Il Natale fonda quella che papa Francesco chiama “la mistica della fraternità”, perché ci dà la certezza e la gioia che Dio è con noi e noi siamo con Lui, tutti figli dello stesso Padre, fratelli e sorelle fra di noi, perché fratelli e sorelle di quel Bambino, Figlio di Dio e della Vergine Maria, che ci genera ad una novità di vita e ci apre alla speranza.

Monreale, 29 novembre 2020

I domenica di Avvento
Mons. Michele Pennisi