Nato a Licata il 12 settembre 1649 da Giulio Tomasi De Caro, duca di Palma e principe di Lampedusa, e da Rosalia Traina, baronessa di Torretta, quindi in una delle famiglie più titolate della Sicilia, dalla quale alcuni secoli dopo nacque l’autore del Gattopardo. Ebbe un’accurata educazione cristiana ed umanistica, apprese lo spagnolo per essere destinato alla corte del re di Spagna. Sua sorella, suor Maria Crocifissa, monaca benedettina di vita di santa e saggia, poi venerabile, un giorno gli disse: “Ricordati che un cavallo ben bardato resta sempre un cavallo”. Giuseppe tenne sempre presente questa massima, perché provenire da una grande famiglia era indubbiamente un vantaggio, ma significava anche realizzarsi con i propri mezzi e rispondere alle aspettative altrui. Diciassettenne, il 25 marzo del 1666, entrò nella congregazione dei chierici regolari teatini, seguendo il modello dello zio Carlo. Fece il a Messina presso l’Annunziata dei Teatini e poi nel convento di San Giuseppe a Palermo. Nel Natale 1673 fu ordinato sacerdote a Roma, dove abitò in un modesto alloggio, per completare gli studi teologici. Giuseppe Maria Tomasi ben presto divenne uno degli eruditi più in vista del suo tempo, soprattutto per la liturgia e per l’esegesi, conobbe pure alcune lingue (ebraico e siriaco) e studiò filosofia, ma nonostante tutto rimase sempre umile, modesto e semplice. Dopo essere stato tra i teatini di Ferrara e di Modena, si dedicò ancora all’approfondimento dei suoi studi e pubblicò alcuni suoi lavori di patristica e su Sant’Agostino e molte opere teologiche. Fu considerato uno degli uomini più eruditi del suo tempo e antesignano del rinnovamento liturgico che poi si realizzò col Concilio Vaticano II. Il papa Innocenzo XII lo nominò esaminatore dei vescovi, ma egli si rifiutò col pretesto della sua precaria salute. Non poté contraddire però il nuovo papa Clemente XI, che lo conosceva bene avendolo avuto prima come proprio confessore, e che gli affidò l’incarico di consultore dell’ordine teatino, di teologo della congregazione dei riti, delle indulgenze e del santo uffizio. Forti resistenze oppose quando lo stesso papa lo volle nominare cardinale, il 18 maggio 1712, ma finì poi per accettare. Fu cardinale per pochi mesi, con il titolo dei SS. Silvestro e Martino ai Monti, ma con grande impegno, fino al giorno della sua morte, avvenuta a Roma il 30 gennaio 1713. Le sue spoglie furono composte, nella cappella di S. Alessio del suo titolo cardinalizio presso la basilica di S. Andrea della Valle in Roma, in un’urna di metallo dorato fatta costruire ne 1903 del primate d’Ungheria, cardinale Valzarav. Fu beatificato dal papa Pio VII nel 1804, dopo che il pontefice Benedetto XIV, avendolo conosciuto personalmente, pur non essendo trascorso il cinquantesimo anno della morte, volle che si iniziasse il processo. Fu infine canonizzato dal papa Giovanni Paolo II il 12 Ottobre 1986. Oltre che a Palma di Montechiaro, ha particolare culto a Torretta, paese della madre, e memoria liturgica nelle diocesi di Agrigento, Palermo, Monreale e Ragusa.
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