Carissimi fratelli e sorelle,
Vi esprimo la grande soddisfazione di potermi incontrare con voi. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno voluto in preparazione alla Pasqua la visita a questo ospedale, in cui con la mia presenza desidero portare la consolazione di Cristo e l’affetto materno della Madonna, verso coloro che soffrono.
Porgo il mio deferente saluto al Direttore Generale dell’ASP di Palermo dr. Candela, al Direttore sanitario e alle altre autorità presenti, ai malati e ai loro familiari e agli operatori sanitari: medici, infermieri, ausiliari; ai tecnici e agli addetti ai vari servizi che prestano con dedizione la loro opera; al cappellano che presta con zelo il suo ministero spirituale; e a tutti coloro che come “volontari” si
impegnano in un servizio di carità e di sostegno.
Colgo l’occasione per esprimere la mia solidarietà all’infermiera dell’Ospedale di Partinico che ha subito una vile aggressione e a tutto il personale particolarmente del pronto soccorso che ha subito in passato simili aggressioni e auspico che da parte delle autorità competenti vengano messe in atto tutte le azioni per evitare il ripetersi di queste incresciose situazioni.
L’importanza dell’ospedale nella struttura della società attuale è veramente insostituibile, sia per le specialità scientifiche e tecniche che in esso si trovano e che garantiscono e accelerano la guarigione, sia per l’atmosfera di solidarietà e di reciproco aiuto che si instaura, per cui l’individuo non si trova più isolato e sperduto col suo male e la sua angoscia. Immenso è pertanto anche il bene che si può compiere in un ospedale.
Pensando a quante persone malate hanno potuto riacquistare la salute grazie alla perizia e sensibilità dei medici e degli infermieri, e ai moderni ritrovati della scienza, dobbiamo sentirci profondamente riconoscenti al Signore e a quanti hanno contribuito al perfezionamento e al buon andamento di questa casa di cura, che ci auguriamo possa vedere sviluppate le sue potenzialità.
La fede cristiana ci dice di non perderci d’animo, di mantenere viva e alta la speranza, di confidare in Dio che nessuno abbandona e dimentica, di guardare a Gesù crocifisso.
Geù Cristo si è avvicinato soprattutto al mondo della sofferenza umana per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé.
Nella liturgia della parola si legge che nel canto del Servo di Jawè è prefigurato Gesù Cristo, che ” si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” , per le cui “piaghe siamo stati guariti”.
Durante questa settimana Santa celebriamo il grande amore di Dio per noi espresso nella Croce di Cristo obbediente alla missione del Padre per portare la salvezza a tutti gli uomini.
Facciamo memoria dall’altra parte dell’ingratitudine, del voltafaccia, del tradimento, del rinnegamento degli uomini.
La cena che vuole essere da parte di Cristo il gesto supremo di amore e di amicizia per i suoi discepoli è il luogo in cui matura il tradimento di Giuda.
Ciò che colpisce è il fatto che addirittura due discepoli lo tradiscono e lo rinnegano. Il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro sono diversi sia nelle motivazioni che nel loro risultato, ma sono ambedue segno della debolezza umana di fronte all’amore di Dio.
Pietro non ostante il suo entusiasmo e le sue vanterie rinnega il Signore per paura anche se poi al rinnegamento segue il pentimento che apre alla fede nel perdono di cristo. Egli continua a credere nell’amore di Gesù.
Giuda: tradimento calcolato per interesse e pentimento che porta al senso di colpa, al dubbio sull’amore di Gesù, alla disperazione , al suicidio.
Al centro sta l’amore di Cristo che non ostante l’ingratitudine, il tradimento e i rinnegamenti umani si immola liberamente per i peccati di tutta l’umanità e la salva.
La passione di Gesù con le sue sofferenze e la sua morte è il momento più profondo di solidarietà di Dio con l’uomo che soffre e che muore.
La passione di Gesù si rinnova in ogni discepolo e in ogni uomo che soffre, in ogni cristiano perseguitato, in ogni innocente condannato, in ogni essere umano umiliato ed oppresso dall’ingiustizia, in ogni vittima della violenza, del terrorismo, della guerra . Cristo raccoglie in sé tutte le lacrime e tutte le sofferenze fisiche e morali dell’umanità per offrirle al Padre e dare loro un senso misterioso che solo Dio può dare.
La Settimana Santa deve ricordarci soprattutto questo e vuole essere per tutti noi un invito a seguirlo sulla via della croce per essere partecipi della sua resurrezione.
La resurrezione di Gesù è la sorgente alla quale possiamo attingere l’amore misericordioso di Dio. L’amore di Dio, che è più forte del male e della stessa morte può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore.
La passione e la resurrezione di Cristo dà senso anche alle sofferenze e alle malattie.
La malattia è una “prova”, un momento difficile in cui il corpo è sminuito e in cui è difficile sperare. L’unica malattia mortale è quella che permette ala gelida mano della disperazione di stringere in una morsa il cuore dell’uomo.
L’uomo di fronte al male della malattia deve, resistere, lottare. La fede cristiana ci dice di non perderci d’animo, di mantenere viva e alta la speranza, di confidare in Dio che nessuno abbandona e dimentica, di guardare a Gesù crocifisso, che ha voluto soffrire come noi e per noi per dimostrarci il suo amore e donarci una gioia profonda capace di dare senso anche alle nostre sofferenze.
Gesù Cristo si è identificato nell’uomo che soffre, soffrendo lui stesso, per andare più lontano, per vincere il male e la morte. Egli è risorto, è vivo. Le persone malate possono contare sul suo appoggio per ravvivare il loro coraggio e affrontare la prova, e anche accettarla. Insieme a Gesù crocifisso, possono offrire la vostra sofferenza e le vostre paure, completando ciò che nella vostra carne manca alla passione di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Vorrei ringraziare a nome dei malati , della chiesa e dell’intera società i medici e gli infermieri. Non è sempre facile per loro avere un rapporto autentico con i malati; perché il momento della prova è molto pesante. Con delicatezza, bisogna che sappiano rispondere alle aspettative dei pazienti per aiutarli a sopportare la loro condizione. Alcune diagnosi sono difficili da rivelare; i medici devono trovare le parole giuste perché il malato accetti ciò che deve scoprire nel suo stesso corpo.
Che essi siano in dialogo anche con le famiglie, e le persone che possono seguire meglio i malati, in particolare i sacerdoti.
In questo luogo di cura delle varie malattie , accogliete anche la mia esortazione alla carità, alla bontà, alla pazienza, alla comprensione, all’aiuto reciproco, al senso di fraternità e di umanità.
Fate in modo che in questo centro ospedaliero si senta uno spirito di amicizia e di famiglia, nonostante difficoltà continuamente emergenti, la pressione del lavoro e delle esigenze, la stanchezza per certi servizi assillanti. La vita della società moderna ha reso le persone più sensibili e più fragili; e perciò è necessaria più attenzione, più cordialità, più gentilezza; è necessaria anche più interiorità spirituale, più fede e confidenza nel Signore.
Cari amici malati, medici, dirigenti di questa struttura ospedaliera e membri del personale sanitario, vi affido alla tenerezza confortevole del cuore immacolato della Vergine Maria, nostra Madre “salute dei malati” e con tutto il mio affetto, invoco su di voi il conforto della Benedizione di Dio.