Accogliere le conseguenze di una nascita

Nella notte di Natale
24-12-2023

«Ecco, vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore».
In questa notte risuona l’annuncio atteso da secoli. Colui che realizza pienamente i nostri desideri di pace, di giustizia, di amore, di fraternità… si è fatto presente. Nonostante questo annuncio sia risuonato più di duemila anni fa a Betlemme, ancora oggi si attende un Salvatore; lo si attende là dove c’è la guerra: in Palestina, nella striscia di Gaza, nel Medio Oriente, in Ucraina, in Russia, in alcuni paesi del continente Africano e dell’America Latina; lo attendono i carcerati, i malati, i poveri, le vittime di violenza, gli schiavizzati dalle droghe, dal gioco d’azzardo e dalla prostituzione…
È l’annuncio che tutti noi attendiamo: non è questa la ragione per la quale, questa notte, siamo usciti dalle nostre case? In questa nostra cattedrale gli angeli dei mosaici sembrano annunciare: Dio non si è stancato di voi, non si è stancato dell’umanità: egli viene a salvarvi!

Ma come fare per godere di questa Salvezza, per colmare la nostra attesa di Pace?

C’è un’unica risposta, un’unica possibilità ed è contenuta nel sorprendente annuncio dato dagli angeli ai pastori: «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Il segno è un bambino! Tutto qui. Un bambino nella cruda povertà di una mangiatoia. E dove sono la luce profetizzata da Isaia, quella che avvolse i pastori, il coro degli angeli? Non c’è più nulla, solo un bambino, proprio come aveva preannunciato Isaia: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Un bambino sembra troppo poco per chi sta attendendo un salvatore.
Proprio per accogliere la sorpresa generata dall’annuncio del Natale di Gesù San Francesco volle si costruisse, 800 anni fa a Greccio per la prima volta, il presepio. Tommaso da Celano racconta che Francesco domandò di preparare il presepio per “vedere con gli occhi del corpo la povertà in cui Gesù Bambino venne al mondo, e come fu adagiato in una greppia tra il bove e l’asinello” così da non immaginare qualcosa di diverso. Dopo averlo fatto, racconta sempre il suo biografo, rivestito dei paramenti diaconali Francesco si mise a cantare il santo Vangelo con la sua voce forte e dolce, limpida e sonora, con lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile (cf. FF 85-86). Questa gioia di Francesco può diventare la nostra gioia, perché il presepio non traduce una nostra immaginazione o una nostra fantasia, ma realizza il pensiero di Dio.
La nostra fantasia quando pensa ad un salvatore immagina un potente, come quello citato da Luca all’inizio del suo racconto: Cesare “Augusto”. L’appellativo: “augusto” deriva dal verbo latino augere, che letteralmente significa “aumentare”, “crescere”. Augusto è colui che è cresciuto in una forma smisurata, colui che è diventato grande e per questo può essere un salvatore.
In contrapposizione, nel racconto di Luca, scorgiamo la figura di chi si è fatto piccolo; quella di chi pur essendo Dio, ha assunto la forma dell’uomo (cf. Fil 2, 6-7). È Gesù, il figlio di Dio.
Colui che confessiamo come nostro Salvatore non si è mostrato a noi esibendo forza e potenza. Egli è “l’infinitamente piccolo”. San Francesco diceva di sé stesso: “Io trovo ogni giorno una grande dolcezza e consolazione rimembrando e meditando gli esempi di umiltà del Figlio di Dio; se anche vivessi sino alla fine del mondo, non mi sarebbe necessario ascoltare o meditare altri brani delle Scrittura” (Leggenda perugina: FF 38).
Carissimi, per vivere il Natale, mettiamoci alla scuola del presepio. Sostando davanti ad esso guardiamo al centro; andiamo oltre le luci e le decorazioni, i personaggi e le casette, contempliamo, piuttosto, il Bambino. Nella sua piccolezza c’è tutto Dio.
Lasciamoci attraversare da questo scandaloso stupore. Colui che sorregge il mondo ha bisogno di essere tenuto in braccio; colui che è venuto a salvarci ha bisogno di una donna e di un uomo per sopravvivere; colui che è la nostra consolazione ha bisogno della nostra tenerezza; colui che è la nostra pace ha bisogno delle nostre coccole; colui che è Parola eterna si esprime in un vagito. Nel presepio tutto si ribalta: Dio viene al mondo piccolo e chiede all’umanità di aiutarlo a crescere.
È questo il Natale autentico: Natale diventa luce laddove una umanità accetta di accogliere il Salvatore bambino per farlo crescere. Il Natale non si impone, non obbliga, non condanna, ma per chi lo accoglie, come ricorda Paolo a Tito, ha delle conseguenze: «è apparsa la grazia di Dio che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia, con pietà nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo».
Sobrietà, giustizia, pietà. È così che si sperimenta autenticamente il Natale di Gesù: accogliendo il bambino che è nato e facendolo crescere vivendo le conseguenze della sua presenza.
Auguro a tutti voi di accogliere il sorprendente annuncio degli angeli e di vivere le conseguenze del Natale perché possiate sperimentare e donare la gioia, la pace, l’amore che Lui stesso ci dona. Amen