Riflessione durante la Veglia Aspettando Pentecoste 2024
Carissimi fratelli e sorelle, vi saluto con grande affetto. Un saluto colmo di gratitudine alla Consulta delle Aggregazioni Laicali che, insieme al mio delegato, don Pietro, ha preparato questo bel momento di preghiera, ricco di riflessioni e di spunti sui quali vi invito a ritornare anche nei prossimi giorni in attesa della Pentecoste. I testi evangelici, le preghiere, il magistero di Papa Francesco… mi sembra che ci esortino a prepararci alla Pentecoste. Proprio per tale regione, ogni anno viviamo questo momento di preghiera Aspettando Pentecoste, perché ciascuno di noi e tutti noi, insieme ci possiamo preparare.
Chiediamo la grazia di essere trovati pronti ad accogliere il dono di Dio e di essere docili a quanto vorrà rivelarci secondo le parole dette da Gesù: «…il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 26).
I due brani evangelici che abbiamo ascoltato ci presentano una comunità che non sembra essere pronta al grande dono. È ferma, immobile, rinchiusa, tranquilla: sembra non aspettasse nulla e nessuno.
Vorrei offrirvi una riflessione in cui vi propongo di guardare a questa prima comunità di discepoli, così come la descrive l’evangelista Giovanni, perché ci assomiglia. Quindi guardando a lei possiamo riconoscere alcuni nostri spazi, personali e comunitari, che vanno prepararti per accogliere il dono dello Spirito, ma anche alcune conversioni che lo Spirito rende possibili.
Gv 20, 19-23 narra la prima apparizione del Risorto ai discepoli nella quale Gesù dona loro lo Spirito santo; poi, Gv 21, 4-14 narra la terza apparizione sulla riva del lago, dove Gesù Risorto incoraggia e nutre la Chiesa nascente.
- Gv 20 descrive con queste parole la situazione dei discepoli: «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei». Ecco la fotografia della primissima comunità cristiana.
La scena raccontata accade di sera. La sera evoca il buio, o meglio, la fine di un giorno. Inoltre, le porte del luogo dove si trovano i discepoli sono chiuse. I discepoli sono chiusi in una stanza perché hanno paura dei Giudei. Il concludersi di quel giorno, le porte chiuse suggeriscono una domanda: cosa si è chiuso anche per il gruppo dei discepoli? È sicuramente terminata la stagione della vita pubblica con Gesù; ma forse è finito qualcosa di ancor più importante: una certa modalità di stare insieme. È venuta meno una fraternità segnata dalla fiducia in Gesù e tra loro.
Durante i giorni della Passione di Gesù, sono emerse molte fragilità: gli apostoli hanno abbandonato il Maestro; qualcuno lo ha seguito da lontano; Pietro lo ha rinnegato; Giuda lo ha tradito. L’emergere di queste fragilità ha fatto morire la comunione che prima era sostenuta da una fiducia, da una stima reciproca. Siamo alla sera di quella fraternità, segnata da stima e fiducia, che Gesù era riuscito a costruire tra loro. Le fragilità sperimentate in sé stessi e viste negli altri hanno allentato i legami di comunione.
In questo senso è lecito pensare che le porte chiuse non siano solo quelle del Cenacolo, ma anche quelle dei loro cuori, induriti e sfiduciati nei confronti dei fratelli. Il male scagliatosi contro Gesù ha sfigurato le loro belle disponibilità. Le intenzioni vere e genuine sono state sbriciolate dalle prove.
Da un simile contesto ecclesiale, nel quale la fraternità viene pericolosamente insidiata dalla paura, il Risorto non rimane lontano: arriva, si ferma in mezzo, dona la pace e mostra le mani e il costato, li invia a proseguire la sua missione e dona loro lo Spirito Santo. Era una comunità chiusa, impaurita, silente… con un mandato missionario impossibile, ma il dono dello Spirito li rende capaci: rende possibile la conversione.
L’incontro con il Risorto suscita nei discepoli una gioia capace di far ripartire la fraternità. Il Risorto dona lo Spirito, che è principio di unità nella Chiesa: li invita a rimettere i peccati, a togliere ciò che tra loro è d’ostacolo alla comunione con Dio e con gli uomini. La presenza del Risorto rigenera la fiducia necessaria per tornare a investire energie nella fraternità, a rilanciare un’accoglienza reciproca segnata da fiducia e stima.
Gesù, il Risorto, viene ad abitare una comunità ammalata di diffidenza e li guarisce richiamandoli all’unità nella fraternità!
- Il secondo brano, Gv21, che abbiamo ascoltato ci racconta la comunità ecclesiale dopo l’evento della Pentecoste. A questa comunità ci possiamo ancor più paragonare, perché, come loro, abbiamo già ricevuto il dono del Battesimo e della Confermazione, lo Spirito del Signore è su di noi!
Ora i discepoli sono tutti insieme e sono tornati a pescare pesci, non si erano ancora decisi di dedicarsi alla pesca di uomini a cui il Signore li aveva chiamati sul lago di Tiberiade: loro si sentivano più sicuri sulle acque e a maneggiare le reti. Anche se questo lasciava le loro vite vuote: infatti, non avevano pescato nulla…
Anche noi, spesso torniamo alle occupazioni e alle preoccupazioni di sempre, lì ci sentiamo più sicuri: la sfida della formazione, l’attenzione ai giovani, l’importanza della famiglia, la necessità di essere in comunione… sono tematiche di cui spesso parliamo, ma per le quali poco facciamo. Ma, siccome tutto questo lo facciamo insieme, ciascuno con il suo gruppo, la sua parrocchia, il suo movimento, la sua associazione… ci sentiamo a posto.
Abituati agli effetti immediati della Pentecoste raccontati da Luca in Atti, ci domandiamo: Come è possibile che dopo aver ricevuto lo Spirito Santo la Chiesa sia così “immobile”?
Abbiamo letto: «Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù». Non è più sera, era già l’alba, siamo nel giorno nuovo del Risorto. Eppure i discepoli, che hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo, non sono nemmeno in grado di riconoscere Gesù.
Carissimi non basta il certificato di battesimo o di appartenenza a un gruppo per essere in grado di riconoscere Gesù. Siamo talmente concentrati sulle cose che dobbiamo fare, che nemmeno ci domandiamo chi sia quell’uomo solo che tende verso di noi lo sguardo, la mano chiedendo: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Noi, come i discepoli di allora siamo pronti a rispondere: «No».
Di fronte ad una umanità disorientata che tende verso di noi la mano per avere ragioni di vita e di speranza, che cosa offriamo? Oggi corriamo il rischio di fare come il levita e il sacerdote della parabola di Lc 10, lasciando ancora allo straniero il comito di rappresentare Gesù, così come fece il Samaritano.
Ancora una volta Gesù non giudica, non condanna ma dona una parola impegnativa di cui fidarsi e a cui obbedire affinché sulla nostra barca ci possa essere il nutrimento per quell’uomo che tende la mano verso di noi: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». Nuovamente Gesù ripete il segno con il quale aveva convinto i discepoli a seguirlo.
Eppure non tutti lo riconoscono; non sono nemmeno in grado di riconoscere immediatamente quel segno di abbondanza, ma uno fu pronto: «Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”».
Carissimi fratelli e sorelle ecco il secondo compito che questa sera affido a ciascuno di voi questa sera: oltre che farci costruttori di unità nella fraternità, a noi è affidato il prezioso compito che fu di quel discepolo che Gesù amava, dire a tutto il mondo: «È il Signore!».
Noi fratelli vivendo il segno della fraternità, dobbiamo dire al mondo intero: «È il Signore!». È necessario che qualcuno lo dica, che riconosca i segni dell’amore di Dio e li indichi agli altri.
Lo Spirito Santo non è un dono intimo e individuale. Vorrei che quest’anno, Aspettando Pentecoste, ciascuno di noi si prepari, a costruire l’unità vivendo la fraternità e dicendo al mondo intero: “questa fraternità, che si chiama Chiesa, è il Signore!
La Chiesa è missionaria, estroversa, in cammino verso ogni uomo e ogni donna, quando annuncia a tutti che il Signore non si è stancato di noi.
Vieni Santo Spirito, rendici uno in Cristo Gesù e annunciatori delle sue opere meravigliose. Amen