Costruttori di unità nella forza della preghiera

29-06-2023

Ordinazione presbiterale di Luca Capuano, Savino D’Araio, Daniele Fiore

Che grazia per la nostra Chiesa: tre nuovi sacerdoti! Permettetemi di esprimere, servendomi delle parole del Salmo responsoriale, la grande gioia che riempie il mio cuore a cui vorrei invitare tutta la Chiesa diocesana: «Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome».

Per questo gaudio non posso non ricordare, con sentimenti di stima e gratitudine l’Arcivescovo emerito, Mons. Michele Pennisi, che vi ha accolti in seminario; don Giuseppe Ruggirello che, avvalendosi di alcuni collaboratori, vi ha accompagnati nel tempo della formazione. Un particolare grazie a Mons. Giulio Sabeni, Rettore del Collegio Ecclesiastico San Carlo Borromeo di Roma, che vi ha accolti, oggi vi ha presentati e vi accompagna in questo periodo di studi. Un grande grazie alle vostre famiglie che, lasciandovi liberi di seguire Gesù, hanno accolto la volontà di Dio.

Carissimi Luca, Daniele e Savino, siete stati presentati ufficialmente come idonei all’ordinazione presbiterale. Prima di chiedervi, solennemente, di esprimere il vostro impegno di esercitare per “tutta la vita” questo ministero, voglio condividere qualche pensiero. Scegliete, oggi, di mettervi nelle mani di Dio, di lasciarvi avvolgere dalla grazia dello Spirito Santo per divenire ministri della Nuova Alleanza. Conoscete bene la grandezza del dono che ora vi verrà conferito: avete studiato, pregato, vi siete preparati e confrontati sul significato dell’essere sacerdoti. Vorrei, mettendomi in ascolto della Parola di Dio nel contesto della solennità dei santi Pietro e Paolo che stiamo celebrando, evidenziare due impegni che dovranno caratterizzare il vostro essere presbiteri dell’arcidiocesi di Monreale.

  1. La prima considerazione a cui questa celebrazione ci richiama, mi pare sia l’unità. La solennità odierna riunisce in un’unica celebrazione Pietro e Paolo. Gli scritti del nuovo Testamento non raccontano la loro fine, ma un’antica tradizione li vuole martiri, nella medesima città, Roma, e nello stesso giorno: due vite offerte in sacrificio a causa di Gesù e del Vangelo. I due apostoli sono così accomunati nella celebrazione liturgica, dopo che le loro vicende terrene li hanno visti anche opporsi l’uno all’altro (cf Gal 2,11-14).

Petro e Paolo, entrambi apostoli di Cristo, eppure così diversi: Pietro un povero pescatore, Paolo un rigoroso intellettuale; Pietro un giudeo palestinese di un oscuro villaggio, Paolo un ebreo della diaspora e cittadino romano; Pietro lento a capire e quindi ad operare, Paolo consumato dall’urgenza escatologica… sono stati apostoli con due stili differenti, hanno vissuto la Chiesa in modo, a volte, dialettico se non contrapposto, ma entrambi hanno cercato di seguire il Signore e di compiere la sua volontà, in questo modo hanno saputo dare un volto alla missione cristiana.

Anche voi siete molto differenti; non siete stati chiamati perché uguali. Forse, così come Pietro e Paolo mai si sarebbero scelti tra di loro per essere amici, anche voi non vi sareste scelti come compagni di strada. È Gesù che vi ha scelti e vi ha chiamati ed ora vi invia.

Qualora ne sentiste il bisogno, non cercate le ragioni della vostra scelta nella bella compagnia che rappresenta la Chiesa; o nella paternità del vescovo o nella simpatia dei confratelli; non cercatele nemmeno nella funzionalità della Chiesa, nella bellezza dei suoi piani pastorali, nell’importanza di un incarico o nella soddisfazione che sperimentate nello svolgere il servizio che vi verrà affidato… Le ragioni della vostra scelta sono tutte nella chiamata di Gesù che vi domanda questa sera: «Tu chi dici che io sia?». È a questa domanda e alla vostra risposta che sempre dovete ritornare. Se avrete dubbi, come fecero i discepoli, potrete farvi forti della risposta di Pietro: «Tu sei il Cristo».

Ciò vale per ogni battezzato: è per la grazia battesimale che siamo inseriti nell’unità della famiglia di Dio che è la Chiesa. Noi sacerdoti, poi, in forza della grazia sacramentale dell’Ordine siamo inseriti ancor più profondamente nella unità della Chiesa attraverso la fraternità presbiterale che è costitutiva per noi sacerdoti, non opzionale. Ricorda il Concilio Vaticano II: «Tutti i presbiteri, costituiti nell’ordine del presbiterato mediante l’ordinazione, sono uniti tra di loro da un’intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo» (Prosbiterorum Ordinis, 8).

Ecco, dunque, il primo impegno a cui ci richiama la solennità odierna: quello di vivere nell’unità della comunità ecclesiale e, ancor più profondamente per noi sacerdoti nella fraternità presbiterale.

  1. Da dove partire per restare nell’unità? La prima lettura proclamata ci porta alla sorgente di questa unità. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano che la Chiesa, sin dai primissimi inizi, vive difficoltà, opposizioni, crisi. Erode perseguitava violentemente la Chiesa nascente: Giacomo era stato ucciso ed ora Pietro arrestato. La comunità di Gerusalemme aveva perso i suoi punti di riferimento, le due colonne. Eppure nessuno si dà alla fuga, nessuno cerca i responsabili di quanto accaduto; nessuno si lamenta con Dio per come vanno le cose; nessuno dice “se Pietro fosse stato più attento, non ci troveremmo in questa situazione”; nessuno sparla di Erode o si scaglia contro il potere politico; nessuno abbandona gli altri… ma tutti pregano insieme. Dice il testo: «Mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui».

Coloro che si riconoscono fratelli e sorelle in Cristo Gesù, scelgono di non parlare alle spalle, ma di parlare a Dio.

È dalla preghiera che attingono coraggio. È dalla preghiera che attingono quell’unità più forte di qualsiasi minaccia, offesa ed errore. L’unità è un principio che si attiva con la preghiera, perché la preghiera – come ricordava in una omelia Papa Francesco – permette allo Spirito Santo di intervenire, di aprire alla speranza, di accorciare le distanze, di tenerci insieme nelle difficoltà.

Nel rito di ordinazione vi domanderò: “Volete con noi implorare la divina misericordia per il popolo a voi affidato, dedicandovi assiduamente alla preghiera?”. Luca, Daniele, Savino, anche questa non sarà una domanda retorica che vi rivolgo perché prevista dal rito: è un impegno serio, concreto che ogni presbitero assume e deve coltivare giorno per giorno. La fedeltà a questo impegno è anche facilmente verificabile: basta osservare il livello di unità e di comunione tra noi presbiteri e nella comunità.

In questi giorni sono tanti i preti della nostra arcidiocesi che celebrano l’anniversario della loro ordinazione sacerdotale, a tutti rivolgo il mio paterno augurio. Ieri ho avuto la possibilità di celebrare l’Eucaristia con alcuni di loro che hanno ricordato il 60° anniversario di ordinazione. Mi ha colpito la pienezza di gioia che vivono, la fierezza di essere preti dopo tanti anni di ministero, come anche il loro affetto per voi che diventate preti oggi. I sacerdoti pregano per voi. Non dimenticatevi mai di pregare per la Chiesa che vi ha generati alla fede e per i vostri confratelli sacerdoti che oggi vi accoglieranno con un abbraccio nella fraternità presbiterale.

Ecco allora i due impegni che questa solennità ci consegna: l’unità e la preghiera.

Siate come sacerdoti costruttori di unità nella forza che attingete dalla preghiera.

Concludo consegnando a voi un’icona, quella che avete scelto per il libretto e per le immaginette che verranno distribuite. È l’icona che rappresenta Pietro e Paolo stretti in un abbraccio. Vorrei che questa immagine, presente tra i mosaici della nostra cattedrale, diventasse per noi un obiettivo.

Pietro e Paolo, così diversi tra di loro, sono rappresentati stretti in un abbraccio che esprime non solo la gioia di stare insieme (quella che alle volte manca), ma la sinfonia dell’essere ministri di Gesù; sinfonia in cui Pietro deve abbracciare Paolo e Paolo deve abbracciare Pietro.

Sia questo abbraccio la forma in cui vivrete il vostro sacerdozio, ricordando a voi stessi e a tutti noi le parole di Gesù: «Vi riconosceranno da come vi amerete».

Amen