Esequie di Giuseppe Miraglia lavoratore deceduto nella tragedia di Casteldaccia.
S. Cipirello, Chiesa Madre 11 maggio 2024
Carissimi fratelli e sorelle, questa città è in lutto per la morte di Giuseppe. L’intera nostra diocesi si unisce a noi in preghiera, ricordando Giuseppe e le altre 4 vittime che hanno perso la vita a Casteldaccia, mentre lavoravano. Proprio questa mattina ho presieduto la celebrazione funebre di Ignazio Giordano a Partinico e vorrei anche qui con voi ripetere le stesse esortazioni e la medesima riflessione. Anche questo ci permetterà di camminare insieme come Chiesa diocesana.
Non è mai semplice vivere la morte di una persona cara. Ma la morte di Giuseppe ci scuote particolarmente. Un uomo giovane, buono, che amava la vita e insieme a Loredana, sua sposa, e al figlioletto Angelo aveva grandi progetti per il futuro. Ci si stava preparando alla festa di prima comunione di Angelo. Poi, un giorno come tanti altri, esce di casa per andare al lavoro e non torna più.
Cosa è successo? Quel lavoro che Giuseppe viveva con responsabilità e senso del dovere, lo ha tradito.
Quando accadono queste tragedie si parla di “morti bianche”. L’uso dell’aggettivo “bianco” allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente. Non sta a noi definire eventuali responsabilità, ma credo sia legittimo porsi alcune domande. Come è possibile morire di lavoro nel 2024? Il lavoro, recita un antico detto, nobilita l’uomo. E questo è vero nella misura in cui oltre a dare il pane e il necessario per costruire il futuro, esso dona dignità alla persona. È così oggi?
A me pare che nella nostra società e, in particolare, in questa nostra amata terra siciliana, il lavoro è sempre più raro e difficile da trovare: sono troppi gli uomini e le donne, i giovani costretti ad emigrare per avere un pezzo di pane e la dovuta dignità. Non offrire lavoro significa non offrire la possibilità di una vita dignitosa. Quanto, poi, si trova il lavoro sovente è sfruttato, sottopagato, non in regola, tanto da produrre ingiustizia e sofferenza. Non tutto il lavoro, purtroppo, nobilita l’uomo. Spesso sembra non tener conto della dignità e della storia del lavoratore. La persona viene messa in secondo piano, e primeggiano gli obiettivi di produzione e del guadagno economico.
Noi comunità dei credenti, comunità civile, colpiti da questo dolore non possiamo permettere che queste tematiche passino in secondo piano rispetto a qualche altra prossima notizia disastrosa che ci distoglierà da questa fragilità sociale. Non lasciamoci distrarre, non lasciamo cadere nel dimenticatoio la questione del lavoro dignitoso per tutti.
Carissimi ora, come ho fatto questa mattina a Partinico, alla luce della fede nel Signore risorto, vi invito a metterci in ascolto, non solo del nostro sconcerto e dolore, ma di una Parola diversa dalle parole umane, perché Parola di Dio. Una Parola che apre orizzonti nuovi, che offre la possibilità di abitare con fede e sostenuti dalla speranza quanto stiamo vivendo.
Raccolgo due suggerimenti dalle letture proclamate.
- La prima lettura ci ha parlato della fatica iniziale di un discepolo di Gesù, un certo Apollo, nell’annunciare efficacemente la Parola di Dio: le sue parole non colpivano il vissuto delle persone, erano troppo umane.
Potremmo paragonare la sua situazione alla fatica che in questo momento facciamo nel trovare consolazione di fronte al dolore della morte e del distacco.
Nel racconto degli Atti degli Apostoli, è una coppia di sposi ad aprire la via di Dio: «Aquila e Priscilla lo presero con sé e gli esposero con maggior accuratezza la via di Dio». Per comprendere la via di Dio, il senso della nostra vita e della morte, servono tempo, ascolto ma soprattutto persone disposte a mettersi accanto e ad accompagnare.
È questo oggi il compito della comunità cristiana nei confronti di chi piange e rischia di perdere fiducia nella vita.
Carissimi Loredana e Angelo, cara mamma Enza; caro Mimmo, a voi, in particolare offriamo la compagnia e la vicinanza di tanti amici, della comunità cristiana, della comunità cittadina perché non vi sentiate soli e, come il discepolo, possiate comprendere la via di Dio. Che non risolve i problemi, ma ci insegna ad abitare con fede e speranza anche la le situazioni più difficili.
- Il secondo suggerimento lo raccolgo dal Vangelo. Gesù invita insistentemente i suoi discepoli a “domandare”, a “chiedere nel suo nome”… invita a pregare il Padre. Oggi è difficile pregare. Sembra che nemmeno Dio sia disposto ad ascoltarci.
Ma la certezza che deve abitare i nostri cuori e i nostri pensieri è, anzitutto, quello che Gesù afferma: «Il Padre stesso vi ama». Siamo amati da Dio. Giuseppe è amato da Dio e mentre il lavoro ha tradito i suoi sogni, i suoi progetti e il suo amore per la vita… Dio non lo tradisce, ed oggi gli offre la pienezza della vita, quella ricompensa che gli ha promesso con il battesimo.
Mentre noi restiamo nel dolore, Giuseppe oggi riceve la ricompensa per tutto il bene che ha operato con generosità in questa vita terrena. Oggi entra nel paradiso, nell’abbraccio eterno del Padre dove non c’è delusione, non c’è dolore, non c’è paura e la morte è sconfitta per sempre.
Carissimi fratelli e sorelle accogliamo l’invito a pregare.
Signore, ti preghiamo per Giuseppe, sappiamo che tu lo hai amato da sempre e lo amerai per sempre. La fede ci dice che ora lui sta sperimentando il compimento della promessa di vita eterna.
Ti pregano con noi la sua sposa Loredana, l’amato figlio Angelo, mamma Enza e il fratello Mimmo, insieme con i famigliari, i parenti e tutti gli amici e l’intera città. Sostienili con la forza della fede e dona loro la speranza che viene dalla certezza che il tuo Amore non abbandona nessuno, nemmeno noi che restiamo quaggiù.
Sostienici perché possiamo essere promotori di vita buona per tutti. Fa che l’esperienza di Giuseppe ci insegni ad amare la vita e a rispettarla. Dona lavoro dignitoso a tutti e non permettere che il lavoro uccida. Per questo aiutaci ad anteporre sempre la dignità della persona e il suo inestimabile valore a qualsiasi interesse umano.
Maria Santissima Immacolata, ti preghiamo: consola il nostro pianto e accompagnaci sulla via di Dio. Amen