La gioia del dono

II Anniversario di Ordinazione Episcopale
31-07-2024

«O mia forza, a te voglio cantare, poiché tu sei, o Dio, la mia difesa, Dio della mia fedeltà». Queste parole del Salmo 58 esprimono bene i sentimenti che in questo momento abitano il mio cuore: in Dio trovo forza, difesa e fedeltà.

Carissimi fratelli e sorelle, cari sacerdoti e diaconi, religiose/i e consacrate/i, insegnanti di religione e carissimi amici che siete venuti dal Lazio, vi ringrazio tutti per aver voluto oggi stringervi attorno a me in questo canto di lode e di ringraziamento al Signore per il dono dell’episcopato. Sento vicini i nostri sacerdoti anziani, le monache Carmelitane i tanti fedeli e amici che, pur non essendo presenti, stanno pregando per me e quindi per la Chiesa monrealese. In particolare sento forte l’affetto del caro don Ferdinando: la Vergine Addolorata del Romitello interceda presso il Padre perché possa, presto, tornare in piena salute.

A conclusione di questi primi due anni di servizio è cresciuta in me la consapevolezza che l’episcopato è dono fattomi da Dio attraverso la Chiesa – vorrei ringraziare e invito tutti a pregare per il nostro Papa Francesco – in favore di questa Chiesa monrealese; il mio episcopato trova senso solo se vissuto tutto a servizio del popolo santo di Dio che è in Monreale.

In occasione delle celebrazioni delle cresime mi capita di rammentare ai ragazzi che lo Spirito Santo è “dono”, ed evidenzio la natura del dono sottolineandone la differenza da quella del “regalo”. Quest’ultimo è atteso, desiderato, solitamente richiesto da chi lo riceve o dalla celebrazione di una qualche ricorrenza, esso risponde alla logica dell’utilità; il “dono” obbedisce, invece, alla logica della gratuità: è inatteso, non richiesto e non dovuto, è deciso dal donatore, chi lo riceve ne è sorpreso, non sa come utilizzarlo proprio perché non lo aspettava e non lo ha richiesto; qualora tentasse di comprenderlo attraverso le categorie dell’utilità, sicuramente lo sciuperebbe.

Carissimi, la vita è dono, la fede è dono, ogni vocazione è dono… viverle secondo una logica utilitaristica le sciuperebbe. Così è per l’episcopato, se vissuto nella logica utilitaristica assumerebbe le caratteristiche dell’esercizio del potere, della ricerca della propria affermazione o del raggiungimento della personale tranquillità, aprendo così spazi di narcisismo e autoreferenzialità che generano quel clericalismo dal quale papa Francesco continuamente ci mette in guardia. Pregate perché io possa essere sempre docile all’azione dello Spirito perché possa lasciarmi formare dal dono ricevuto, fuggendo la tentazione del tra-sformare il dono in regalo.

Sant’Ignazio di Loyola, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria, amava ripetere: “Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio”[1]. La consapevolezza che tutto dipende da Dio ci rende responsabili nella partecipazione all’edificazione del Regno dei cieli, ma consapevoli che solo radicati in Lui possiamo agire bene.

Nella pagina del vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato (Mt 13,44-46), Gesù parla proprio della preziosità del Regno di Dio e ci fa intravedere quale privilegio sia essere chiamati ad esso. Chi lo comprende è pieno di gioia e vende tutto per possedere questo tesoro unico, questa «perla di grande valore». Il Regno di Dio è la grande opportunità per la nostra vita, è la via della gioia: Gaudium Christus est!

A questa straordinaria gioia che percorre tutte le parole della pagina evangelica, oggi fa da contrasto il brano di Geremia. Anch’egli parla di gioia, ma al passato: «la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore». Ora vive «un dolore senza fine», perché è diventato «oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese». Non capisce più la sua vocazione e accusa Dio: «tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti».

Nell’omelia tenuta dal Card. Semeraro il giorno della mia ordinazione episcopale, in un passaggio ebbe a dire: “Ogni dono di Cristo è missione per noi. Sorge da qui il dovere di comunicare agli uomini la nostra gioia di essere cristiani, come Egli ha comunicato a noi la sua gioia. Facile a dirsi! Come è possibile conservare la gioia quando si è immersi nelle preoccupazioni, nelle ansietà, nell’accavallarsi dei problemi? Come può essere nella gioia un vescovo nell’esercizio del suo ministero ordinato? Quante volte non gli accade di sentirsi quasi accerchiato dai problemi, dalle preoccupazioni, dalle ansie? È stato così fin dal principio. Scriveva San Paolo ai Corinti: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non frema?»”.

Carissimi fratelli e sorelle, come mi avete sentito ripetere spesso: essere discepoli di Gesù, preferire la sequela Christi a qualunque altra strada di affermazione personale, non corrisponde allo scegliere una “vita facile”, ma nemmeno significa decidere di stare in trincea e vivere a denti stretti.

Dal testo di Geremia ci viene una indicazione per abitare questo tempo nella speranza, per ritrovare la gioia del vivere e del credere, per recuperare entusiasmo nella missione che Gesù ci ha affidato. È la Parola pronunciata da Dio: «se tu ritornerai a me, io ti riprenderò e starai alla mia presenza». Dio mostra che, in realtà, l’incostanza è di Geremia. È il profeta che si è allontanato da Dio. Pressato dalla complessità della situazione e dalla fatica dell’abitarla, ha lasciato che il dono si tra-sformasse in regalo, pretendendo di definire lui il modo corretto in cui dovesse svolgersi la storia.

Carissimi, questo anniversario e questa celebrazione li vivo come occasione per tornare al Signore. Invito tutti voi, insieme con me, a tornare al Signore perché Lui è fedele; è sempre con noi e non ritira la gioia che ci ha fatto gustare, ma la purifica per restituircela ancor più autentica.

«Io sarò con te». Questa promessa fatta al profeta riguarda ciascuno di noi!

Carissimi, nel compimento di questo secondo anno di servizio riscopro che l’unica mia forza è la certezza, datami dalla fede, che Dio è con me e con tutti noi; che Dio guida la sua Chiesa; che Lui si fa trovare ogni volta che lo cerchiamo e non ci abbandona nella desolazione o nelle difficoltà. La prova che sta vivendo don Ferdinando e tutti noi con lui è occasione di tornare a fidarci di Lui.

Gaudium Christus est! È questa certezza che dopo due anni mi fa ringraziare il Signore per il dono di questa Chiesa e mi fa affrontare il futuro con speranza!

Affido il mio servizio episcopale e l’intera Chiesa diocesana alla guida materna di Maria Santissima. Vergine Addolorata del Romitello, insegnaci ad essere docili alla volontà di Dio anche quando essa ci conduce attraverso fatiche e sofferenze perché possiamo essere capaci di ritornare sempre alla gioia del tuo figlio. Amen

   

[1] Cf. Pedro de Ribadeneira, Vita di S. Ignazio di Loyola, Milano 1998