«Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio». È l’accordato appello che Paolo rivolge ai cristiani di Corinto e che ho scelto come tema per il messaggio di Quaresima che, quest’oggi, ho inviato alla nostra Arcidiocesi. Non si tratta semplicemente di uno spunto di riflessione, è un invito concreto a cambiare modo di vivere il nostro essere cristiani.
Il mercoledì delle ceneri apre il tempo di Quaresima come invito ad incamminarci sulla via della riconciliazione. “Convertiti e credi al Vangelo”, sono le parole che accompagneranno il segno penitenziale dell’imposizione delle ceneri. La Quaresima non è un invito a confessare i nostri peccati, ma è un’esortazione ad assumere la conversine come modus vivendi. La conversione, infatti, non è mai un evento avvenuto una volta per tutte, è, piuttosto, un dinamismo che deve essere rinnovato nei diversi momenti dell’esistenza, nelle diverse età, soprattutto quando il passare del tempo può indurre nel cristiano un adattamento alla mondanità, una stanchezza, un automatismo, uno smarrimento del senso e del fine della propria vocazione che lo portano a vivere nella schizofrenia la propria fede.
La Quaresima, ancor prima che tempo di penitenza, è il tempo del ritrovamento della propria verità e della propria autenticità: non è un tempo in cui fare qualche particolare opera di carità o di mortificazione, ma è un tempo per ritrovare la verità del proprio essere.
In questo senso vogliamo accogliere la Parola che Dio ci rivolge, oggi, attraverso il profeta Gioele: «Ritornate a me con tutto il cuore», ossia non momentaneamente, non parzialmente, non soltanto a parole, ma di fatto. Poiché con la parola «cuore» la Bibbia intende l’intera persona e il luogo dove noi siamo a tu per tu con Dio, egli ci domanda di tornare riprendendo il dialogo con Lui. Sia questa Quaresima tempo di ascolto della Parola e di preghiera personale.
È Dio che ci chiede di tornare a Lui, di muoverci verso di Lui, di convertirci a Lui, se dipendesse da noi ce ne rimarremmo dove stiamo. Papa Francesco, nel messaggio che ha scritto per questa Quaresima, riferendosi alla liberazione del Popolo dall’Egitto, ricorda: “è Dio a vedere, a commuoversi e a liberare, non è Israele a chiederlo”.
Il popolo si trovava in Egitto in una situazione di schiavitù di cui si lamentava incolpando Dio e gli Egiziani. Viveva quella condizione come fosse una situazione ineluttabile, del tutto indipendente dalla propria volontà, una condanna causata da forze superiori e che, quindi, accettava di subire in cambio di qualche cipolla da mangiare. Durante il cammino attraverso il deserto, spesso il popolo ha rimpianto questa condizione: meglio schiavi con una cipolla nello stomaco che liberi dovendo cercare il cibo.
Non è questo l’atteggiamento esistenziale che alle volte, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, caratterizza anche il vivere odierno? Viviamo il nostro quotidiano come se non ci fossero altre possibilità o altri modi per viverlo; la colpa di ciò che accade è degli altri; noi più che pregare e andare a Messa per innalzare a Dio le nostre lamentele non possiamo fare. Così, dopo esserci lamentati come il popolo d’Israele, cerchiamo di vivere evitando i problemi che sono sempre creati dagli altri e quindi per noi inevitabili: noi siamo vittime, i colpevoli del degrado sociale, delle violenze, degli abusi, dal mal governo, della maleducazione ed anche dell’inefficacia dell’azione evangelizzatrice della Chiesa sono sempre gli altri.
Siamo tutti scossi da quanto accaduto ad Altavilla Milicia nei giorni scorsi. È stato detto molto ed io, personalmente, non so esprimere giudizi. La Quaresima però mi suggerisce almeno una considerazione: il vedere il demonio dietro ogni situazione, incolparlo del nostro malessere personale e sociale, identificarlo come causa di tutto ciò che noi non siamo in grado di comprendere, è fuorviante, è una delle peggiori forme di deresponsabilizzazione personale che nulla ha a che vedere con la fede in Cristo Gesù, ma piuttosto con la superstizione. Diffidate di quanti vi dicono cosa fare, di quelli che vi anticipano il futuro, di quelli che vi dicono se e quando sposarvi, se siete chiamati a consacrare la vostra vita oppure no, diffidate di quanti indicano come cause di vostre difficoltà o di vostre malattie il non aver ubbidito a quanto a loro è stato rivelato durante qualche visione. Diffidati dei maghi, ma anche dei visionari e dei santoni che fanno questo in nome di Dio e che spesso vestono abiti religiosi! Sono impostori! Chi fa questo in nome di Dio è anche un bestemmiatore! «Non nominare il nome di Dio invano» è un comandamento!
La Quaresima, dunque, è un cammino che ti chiede di camminare con le tue gambe. Che ti invita a riscoprire le tue qualità, la verità di chi sei. La Quaresima è la proposta di ripensare tutta la tua vita, non solo i prossimi 40 giorni, come itinerario spirituale. Il cammino che siamo chiamati ad affrontare non è esteriore, ma interiore. Attenzione a pensare il digiuno, la preghiera e l’elemosina come obiettivi del cammino, sono gli strumenti che la saggezza della Chiesa ci consegna perché ci sostengano nel cammino spirituale.
Nella pagina evangelica che è stata proclamata, Gesù, immediatamente, ci mette in guardia dalla tentazione dell’esteriorità: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli». Questa è vanità, narcisismo spirituale, depravazione del cuore. È la mondanità spirituale che il Papa ha denunciato fin dalla sua esortazione apostolica Evangelii gaudium: «La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. È quello che il Signore rimproverava ai Farisei… Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto. Ma se invadesse la Chiesa, “sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale”» (EG 93).
Viviamo questa santa Quaresima percorrendo la via della riconciliazione come cammino interiore di conversione.
Il primo passo che ci propone la liturgia e il gesto dell’imposizione delle ceneri, che ci è proposto come segno esteriore di un impegno esistenziale. Il simbolo delle ceneri riassume magnificamente tutta la Parola di Dio racchiusa nelle Scritture di quest’oggi. Esso non è soltanto un richiamo alla nostra fragilità e al nostro peccato. La cenere ci ricorda che il fuoco dell’amore di Dio è capace di consumare tutto il nostro peccato sciogliendo ogni rigidità e vincendo ogni resistenza. Il simbolo delle ceneri esprime la fiducia che i nostri peccati quando sono immersi nella Misericordia di Dio perdono peso specifico, diventano leggeri e irrilevanti come polvere prossima a ricevere ancora il soffio di una vita nuova.
Entriamo con fiducia nella Santa Quaresima, incamminiamoci sulla via della riconciliazione e all’invito a convertirci e credere rispondiamo con il nostro “Amen”.
La Quaresima un cammino interiore di conversione
Mercoledì delle Ceneri 2024
14-02-2024