Carissimi fratelli e sorelle, in questa XXIII domenica del tempo ordinario, celebriamo con particolare solennità la festa della Natività della Beata Vergine Maria, perché proprio a Santa Maria Nuova, il 25 Aprile 1267, per incarico del Sommo Pontefice Clemente IV, l’allora Vescovo della diocesi di Albano, Rodolfo di Chevriêres consacrò ufficialmente questo nostro Duomo.
Come solitamente mi piace ricordare in occasione delle feste patronali delle parrocchie, la dedicazione della Chiesa non è questione di titolo, ma è una proposta per la comunità parrocchiale perché si faccia imitatrice del patrono a cui la chiesa è dedicata. Si tratta di cogliere le caratteristiche di santità del patrono e riviverle, riattualizzarle nel tempo e nello spazio in cui ci si trova.
Nel meditare sul mistero della nascita di Maria Bambina, o anche nel volgere lo sguardo a questa effige di S. Maria del Popolo sentiamo, in noi, risuonare come certezza la profezia di Isaia: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi». Accogliere Maria Nuova come patrona significa, oggi in particolar modo, imitarla proprio in questo: come sarebbe bello che gli uomini e le donne del nostro tempo, di questa città, guardando noi avvertissero come reale e concreta la presenza di Dio, il suo amore per noi, la possibilità di una vita diversa, nuova. Il cristiano con il suo modo di vivere deve essere “parola contro ogni paura”, “annuncio di salvezza”, “proposta di vita nuova”. Il mondo ha bisogno di speranza e di modelli di vita nuova.
Da dove partire? Dalle letture di questa domenica mi pare sia possibile cogliere una caratteristica indispensabile per essere anche noi come Maria a servizio della speranza.
1] Abbiamo ascoltato nella prima lettura: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi». Per Isaia il giorno del Signore, l’ora della salvezza, è mistero di un’apertura che coinvolge, anzitutto, la persona: «si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi»; ma poi anche la terra: anch’essa si aprirà, poiché «scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa» e sarà possibile percorrere «un sentiero e una strada e la chiameranno via santa». Quindi l’incontro con il Signore avviene in un mistero di apertura.
Gesù nel vangelo conferma le parole del profeta rivolgendosi ad un sordomuto con questa potente parola: «Effatà! Apriti!» che ha come effetto un cambiamento radicale: «subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente». Quando Gesù viene, quando si rende presente, tutto si apre, tutto diventa accogliente, ospitale, attento e disponibile all’incontro.
Gioacchino e Anna, i genitori di Maria, furono aperti ad accogliere una vita e il Signore ha donato loro una bimba, Maria. La quale a sua volta fu aperta al dono della Parola dell’angelo tanto da generare al mondo il Figlio di Dio. Dall’apertura disponibile alla Parola di Dio tutto può cambiare: con i santi Giacchino e Anna, tutto è cambiato, è nata una umanità disponibile ad accogliere Dio.
Carissimi fratelli e sorelle, la vita cristiana è una vita aperta, che non rimane chiusa in sé stessa, ma si dischiude all’incontro, con Dio, con gli altri e con ogni creatura che il Padre ha creato. Essere uomini e donne aperti, significa anche lasciare che la Parola di Dio ci strappi via dalla chiusura delle nostre preoccupazioni, lamentele, recriminazioni, invidie, interessi… e ci apra con Maria alla gioia del dire: «l’anima mia magnifica il Signore… ha fatto in me cose grandi», oppure con le parole del vangelo: «ha fatto bene ogni cosa».
2] Questa “vita aperta” del cristiano diventa, come insegna San Giacomo nella seconda lettura, capacità di accoglienza senza favoritismi personali. Significa liberarci da quello sguardo chiuso e selettivo che ospita alcune realtà e ne scarta altre. La vita cristiana aperta ci dona uno sguardo aperto, accogliente, dove c’è sempre posto per l’alterità e l’inclusione prevale sull’esclusione. Per questo i cristiani non possono tacere o accettare il modo in cui ci si chiude ai migranti.
L’Apostolo, nel suo scritto, fa riferimento a quelle discriminazioni e disparità generate dalla differenza tra ricchi e poveri. E ricorda che, se una preferenza deve esserci, non può che essere quella stessa di Dio, che privilegia i poveri e coloro che noi, con i nostri «giudizi perversi», saremmo indotti a relegare agli ultimi posti. Dio «non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del regno, promesso a quelli che lo amano?». La scelta di Dio capovolge le nostre scelte, i suoi giudizi ci aprono ad assumere altri criteri di discernimento che partano dagli ultimi, si rivolgano agli ultimi e giungano agli ultimi.
3] Vorrei concludendo evidenziare e proporvi due gesti di Gesù, che Marco segnala, che ritengo ci possano aiutare ad essere aperti in direzione degli ultimi. Così narra l’evangelista: «guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro», Gesù guarda verso il cielo ed emette un sospiro. Il suo sguardo si alza per entrare in comunione con quello del Padre, in un’autentica relazione filiale, mentre il suo respiro si abbassa ed esprime la compassione per la persona umana che soffre ed è chiusa nelle strettoie del male e della solitudine (sordomuto). E da questa profonda comunione vissuta da Gesù, tanto con il Padre quanto con i suoi fratelli, che viene generata la Parola «Effatà». Una parola che torna ad aprire, anche per il sordomuto, le vie per una vera comunicazione e, ancor più radicalmente, per una profonda comunione.
Questo duplice gesto, mi pare sia rintracciabile anche nella testimonianza di Maria in un suo abituale atteggiamento che gli evangelisti sintetizzano con queste parole: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).
Carissimi fratelli e sorelle alziamo lo sguardo a Dio, ma abbassiamo il nostro respiro verso la storia e verso i poveri.
Questo l’invito che a noi è rivolto: Effatà, apriti!
Effatà, apriti! È ciò che ha fatto Maria nella sua vita.
Effatà, apriti! È la caratteristica della vita cristiana che siamo chiamati ad incarnare. Facciamo spazio tra i nostri egoismi aprendoci alla Parola di Dio; usciamo da quelle chiusure relazionali in cui spesso ci rintaniamo, proviamo a percorrere la via del perdono e della riconciliazione.
Se la Parola di Dio si è fatta carne, anche il nostro ascolto di questa parola deve farsi carne, coinvolgendo tutto ciò che siamo: orecchi, occhi, bocca, respiro, mani, piedi. Allora anche tu, insieme a questa comunità parrocchiale, come accade a Maria, sarai segno di speranza e di vita nuova per tutte le genti.
Santa Maria Nuova, prega per noi e accompagna questa nostra conversione. Amen.