«Rendete grazie al Signore: il suo amore è per sempre» è l’acclamazione che il Salmo responsoriale ha posto sulle nostre labbra e che riecheggia negli stupendi mosaici di questa nostra Cattedrale: il suo amore è per sempre!
Il 25 aprile del 1267 – era il lunedì dopo l’Ottava di Pasqua – il cardinal Rodolfo Grosparmi, vescovo della diocesi Suburbicaria di Albano e legato apostolico, fu inviato da Papa Clemente IV per consacrare questa Chiesa Cattedrale di Monreale.
Oggi, dopo 756 anni, questa coincidenza tra la diocesi Suburbicaria di Albano e l’Arcidiocesi di Monreale sembra ripetersi per la decisione del Santo Padre, Francesco, di chiamare me, dai Colli Albani, a camminare insieme con questa gloriosa Chiesa monrealese sulle vie della sinodalità.
All’inizio del mio ministero dissi che questa Cattedrale, la più bella del mondo, è pallido riflesso della bellezza della Chiesa monrealese fatta di uomini e donne che camminano sulle vie del Vangelo. Oggi dopo 9 mesi, avendo visitato tutto il territorio, incontrato i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le comunità parrocchiali, le aggregazioni laicali e molte realtà ecclesiali e civili, posso dire che la bellezza della Chiesa viva supera di gran lunga la magnificenza di questo Duomo. Certo, ci sono aspetti su cui dobbiamo lavorare, ma, così come la lucentezza dei mosaici non è offuscata dalle tessere d’oro mancanti che creano zone d’ombre visibili ad occhio nudo, così i limiti, le abitudini e le resistenze che ci accompagnano non riescono ad offuscare la bellezza e le potenzialità del Tempio vivo che siamo noi.
- Da questa Cattedrale vorrei, oggi, accogliere un insegnamento. Essa ha bisogno di continua manutenzione per poter raccontare, attraverso il linguaggio dell’arte e della liturgia, il mistero della Salvezza che qui si celebra. Allo stesso modo, anche noi che siamo «edificio di Dio» (1Cor,9c), «pietre vive» (1Pt 2,5), abbiamo bisogno di continua conversione per restare sul percorso di rinnovamento avviato in noi dalla grazia battesimale e per dire, in modo comprensibile all’uomo di questo millennio, l’Amore di Dio.
Nell’ottica della manutenzione straordinaria, tra non molto, qui in Cattedrale verrà realizzato un intervento di rifacimento dell’impianto di illuminazione. Il nostro occhio è abituato alla situazione attuale; a noi sembra una chiesa splendente. Eppure, i tecnici, che hanno svolto un interessante e accurato studio, hanno detto che l’illuminazione dell’aula liturgica è molto al di sotto del minimo indispensabile, concludendo: “celebrate al buio”.
Per uscire da questo buio e rendere più bello la nostra Basilica Cattedrale è sufficiente e, allo stesso tempo, necessario cambiare qualche elemento esterno. Utilizzando i riflettori che l’attuale tecnologia mette a disposizione, il volto della nostra Cattedrale sarà più bello e splendente perché verranno eliminate quelle zone d’ombra che a noi, forse, sembra facciano parte della struttura.
Ciò vale anche per noi, Chiesa viva. Alle volte ci serviamo di alcuni “corpi illuminanti” che creano più ombre che luce. Ne cito alcuni: l’autoreferenzialità, la competizione, il chiacchiericcio, le cordate, la settorializzazione pastorale, la resistenza al cambiamento… Sono prospettive, queste, che creano ombre oscure che sono di scandalo per i più piccoli. Impegniamoci a spegnere queste lampade! A cessare questi modi di procedere. Il Vangelo è chiaro: guai a chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me (Mt 18,6-7).
- Questa solenne celebrazione, mi pare ci inviti ad accendere, almeno, due lampade.
La prima è quella del tutti insieme. La prima lettura, tratta dagli atti degli Apostoli, nel descrivere il modello di prima comunità cristiana, ripete, implicitamente ed esplicitamente, il tutti insieme: «(tutti) i battezzati erano perseveranti … un senso di timore era in tutti … tutti i credenti stavano insieme». Oggi in questa solenne concelebrazione l’essere tutti insieme proietta una luce nuova sul volto della nostra Chiesa. Come ci ricorda il Concilio Vaticano II “quando il popolo santo di Dio partecipa alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto la medesima eucaristia, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri, si vive la vera epifania della Chiesa” (cf. Sacrosantum Concilium, 41)
La seconda lampada ce la indica il vangelo. Gesù dice alla Samaritana che più del luogo dove pregare, è importante come pregare: «… è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre…. I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori».
La preghiera è il primo atto della Chiesa. La preghiera è la lampada che sempre dobbiamo alimentare. A San Paolo VI, una volta, si chiese: che cosa fa la Chiesa? La sua prima risposta fu: “la Chiesa prega! Il suo primo compito, il suo primo dovere, la sua prima finalità è la preghiera… Essa è la prima ragion d’essere operativa della Chiesa” (Udienza del 12 aprile 1978). Disse ancora San Paolo VI: “La Chiesa è comunità che prega! Piacerà o non piacerà, ma questo è il volto della Chiesa, quello del grande coro ordinato e inneggiante dell’umanità, che adora il Padre in spirito e verità. Ed è un volto splendido, irradiante spiritualità e socialità, vigore morale e bontà caritatevole, mistero e chiarezza, quali nessuna altra istituzione terrena può o pretende offrire alla gente del nostro tempo. E questa irradiazione si effonde dal volto della Chiesa come un riflesso del volto di Dio. Così è la Chiesa orante” (Udienza del 3 novembre 1971).
È questa la ragione per la quale non possiamo mancare a questi appuntamenti: è a partire da queste concelebrazioni che riusciamo ad eliminare le ombre dal volto bello della nostra Chiesa.
- Vorrei concludere indicando una terza lampada, forse la più importante, che colgo unendo due citazioni. La prima è l’ammonizione di Sant’Agostino che così diceva: “Non diventiamo casa di Dio se non quando siamo scompaginati dalla carità” (Cf. Serm. 336, 1.6). proprio in riferimento a questa affermazione, il vescovo francese Jacques Bénigne Bossuet scrisse: “È certo che solo la carità prega”.
Sia la carità la lampada che tutti noi accendiamo per rendere bello il volto della Chiesa perché solo la carità sa pregare. Se è vero quello che dicono Agostino e Bossuet, mi domando: come sarebbe possibile stare in una casa di preghiera senza amare?
Carissimi fratelli e sorelle per essere Chiesa viva, «edificio di Dio», tutto sia fatto con Amore e per Amore.
Santa Maria del popolo sia, in questo, per noi modello e guida. Amen