Memoria liturgica dei Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno
In questo giorno, in cui la liturgia fa memoria di due grandi padri e dottori della Chiesa, San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno – tra loro intimi amici -, noi, Chiesa di Monreale, abbiamo scelto di pregare in suffragio del papa emerito Benedetto XVI, perché anch’egli è stato padre e dottore per tutti noi.
Oggi, da tutte le comunità parrocchiali della nostra diocesi, si innalza al cielo la comune preghiera per il papa emerito. Anche noi, convenuti qui nella nostra cattedrale, dobbiamo sentirci uniti a tutti i sacerdoti, i diaconi, i religiosi/e, i consacrati/e, a tutti i fratelli e le sorelle che, in queste ore, celebrano la Santa Messa con la stessa nostra intenzione. Questa convergenza di intenzioni e di celebrazioni vuole essere segno di quell’unità ecclesiale che sempre papa Benedetto ha perseguito. Il teologo Joseph Ratzinger fu uno degli attori principali della riflessione che ha accompagnato il Concilio Vaticano II, per lui il rinnovamento e l’unità della Chiesa furono le luci che lo guidarono anche nel suo servizio apostolico.
Non tradendo il suo stile di semplicità, Benedetto XVI ha lasciato un testamento spirituale che contiene ed esprime tutta la profondità interiore e intellettuale che lo hanno caratterizzato. Vorrei raccogliere, da questo breve testo, due passaggi tanto semplici quanto densi, sui quali ci si potrebbe soffermare a lungo a riflettere e pregare. Affido a voi, cari fratelli e sorelle, e a tutta la Diocesi, questo compito di approfondimento.
Il primo passaggio che colgo è l’invito, rivolto dapprima ai suoi «compatrioti» e poi a tutti gli uomini e le donne di Chiesa, e quindi anche a noi: «rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!» e, poco più avanti il secondo passaggio, dove Benedetto ci consegna una espressine che sembrerebbe essere una sua personale redditio symboli, una restituzione della fede da lui vissuta, maturata e testimoniata: «Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita – e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo». Che straordinaria semplicità, che immensa profondità!
A me pare che Benedetto XVI, come lui stesso scrive: «in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare», ci invita a riconoscere che la vita è anzitutto grazia per la quale dobbiamo sempre ringraziare, ma allo stesso tempo è impegno, una “battaglia” direbbe San Paolo, per non lasciarsi confondere! E, indica il papa emerito, questa battaglia la si può combattere solo scegliendo come unica via Gesù e la Chiesa indissolubilmente uniti, come unica e medesima scelta. Solo restando e vivendo nella unità della Chiesa possiamo accogliere Gesù via, verità e vita che solo può tenerci lontano dalla confusione che il mondo ci propina.
Alla luce di queste considerazioni mi pare sia possibile accogliere un doppio invito rivoltoci della Parola di Dio proclamata in questa celebrazione.
- Nella prima lettura è ripetuto l’invito dell’apostolo Giovanni a rimanere «nel Figlio e nel Padre». Egli paragona questa profonda relazione con Dio Padre e Dio Figlio ad una «unzione». L’unzione permea, penetra nei tessuti, nei corpi; così chi crede nel Figlio, la possiede, e possiede anche il Padre e non ha più bisogno di maestri, perché possiede un Maestro interiore che non mentisce.
- Ma per credere e rimanere dentro questa relazione intima con il Figlio e con il Padre, bisogna essere umili come Giovanni Battista che alle domande dei sacerdoti risponde: «io non sono il Cristo». L’evangelista dice: «non negò». L’umiltà ci pone di fronte ad una scelta fondamentale: o negare sé stessi o negare Cristo. E il Battista «non nego» Cristo, ma sé stesso.
Difficilmente noi neghiamo Cristo in modo diretto, ma lo facciamo affermando noi stessi. La liturgia di quest’oggi, la memoria di Basilio e Gregorio, la testimonianza di Benedetto XVI sono un invito a metterci con gioia nella via della abnegazione come fece il precursore: «io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete … al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo». Per testimoniare Cristo ha negato perfino la propria opera, che era tanto fruttuosa e ammirata: «io battezzo con acqua, lui con Spirito Santo». Per affermare Cristo, Benedetto XVI ha avuto il coraggio di dimettersi. È in questa chiave che si comprende quella sua scelta, non perché non si sentisse all’altezza del compito ricevuto, ma perché nel suo profondo discernimento comprese che quello era il modo per far emergere Cristo via, verità e vita.
In questa chiave di abnegazione si può comprendere in modo autentico tutta la persona di Benedetto XVI: la sua umiltà, il suo silenzio, il suo proporsi in modo dimesso che qualcuno ha voluto leggere come debolezza o addirittura come mancanza di visione o di giudizio, in realtà era una scelta consapevole e matura, attraverso cui far emergere Gesù di Nazareth. Sembrerebbe aver testimoniato con Giovanni il Battista: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
Anche noi non dobbiamo attribuirci nulla, dobbiamo acquisire l’atteggiamento di chi diminuisce per far crescere l’amore di Dio: la nostra opera è solo umana, se non interviene l’opera di Cristo.
Affidiamo all’amore del Padre celeste il papa emerito Benedetto XVI perché possa godere in pienezza della gloria del Padre.
Chiediamo per noi il dono dell’umiltà per poter essere costruttori di unità sentendoci membra vive della Chiesa.
Per intercessione dei Santi Basilio e San Gregorio, per la preghiera di Benedetto XVI chiediamo che il Signore ci renda umili e “saldi nella fede”. Amen