S. Messa al Santuario del SS. Crocifisso in Monreale

20-03-2020

Carissimi Confratelli e Consorelle ,

Questa  sera , venerdì della terza settimana di  quaresima,  in questo Santuario,  dove è venerato da secoli il SS. Crocifisso ,  cimelio prezioso di fede, “ pegno della  bella eredità” trasmessa dai nostri padri, che è stata rilanciata dall’arcivescovo Girolamo Venèro nel 1625, / Vi invito, a unirvi a me in preghiera, perché  cessi la pandemia del Coronavirus e il Santissimo Crocifisso doni la salute agli abitanti della nostra città e dei paesi dell’arcidiocesi Monreale, dell’ Italia e del mondo intero.

Al santissimo Crocifisso, venerato in questo santuario, in tanti paesi della nostra diocesi e in tante confraternite, è riservato un particolare culto, perché lungo i momenti più travagliati della nostra storia, si è sempre rivelato un grande aiuto e continua ad esserlo anche oggi

Nell’anno 1625 in cui la città di Monreale, fu funestata dalla peste e dalla siccità il Crocifisso fu portato in Cattedrale dall’11 al 19 aprile, per chiedere la grazia della cessazione della peste.

Nel volto del Crocifisso risplende la bellezza, il perdono e l’amore coinvolgente di quello che il popolo di Monreale invoca  come “Patruzzu amurusu” da cui invoca la Grazia, cioè il suo amore gratuito.

Ognuno di noi guardando Cristo Crocifisso vede il supremo atto di amore di Dio Padre: «Dio –ci ha detto Gesù- ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»      San Giovanni ci offre così la chiave interpretativa del misterioso agire di Dio: la croce è un atto d’amore.

Questo sarà ribadito all’inizio del racconto della passione: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (13,1).

            La croce per Gesù non è una condizione transitoria, ma l’inizio di una effusione permanente di Amore e Vita.

                      Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Christus vivitha scritto:” Guarda le braccia aperte di Cristo Crocifisso, lasciati salvare sempre nuovamente. E quando ti avvicini per confessare i tuoi peccati, credi fermamente nella sua misericordia che ti libera dalla colpa. Contempla il suo sangue versato con tanto affetto e lasciati purificare da esso. Così potrai rinascere sempre di nuovo” (n.123)

            Gesù Cristo crocifisso morendo sul Calvario, ci ha rivelato pienamente l’amore di Dio, che è assieme amore come dono e come desiderio appassionato.

Sulla Croce è Dio stesso che mendica l’amore della sua creatura: Egli ha sete dell’amore di ognuno di noi.  Gesù Crocifisso è il dono che Dio Padre ha fatto al mondo, è la sintesi di tutti i doni.

Gesù ha risposto all’amore del Padre amando noi, e noi rispondiamo all’amore di Gesù amando l’altro, gli altri come lui ci ha amati.  

            L’amore del Padre manifestatosi in Gesù esige una nostra risposta, come ci dice il Vangelo di oggi.

Uno scriba si avvicina e chiede a Gesù quale sia il primo dei comandamenti. E Gesù risponde che il “primo comandamento” è duplice: amare Dio e amare il prossimo. Sono due amori inscindibili; anzi, formano un solo amore, una cosa sola. Scrive l’apostolo Giovanni: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4, 20).  Per Gesù il prossimo non è solo il parente o il connazionale ma ogni uomoche incontriamo sul nostro cammino, come nella parabola del Buon Samaritano. Gesù che ha amato Dio sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, e che ugualmente ha amato gli uomini sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, ci offre l’esempio più alto del comandamento dell’amore.

Egli perciò può proporsi come esempioed affermare:” questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 15,12). È possibile osservare questo duplice comandamento dell’amore a partire dall’esperienza dell’amore che il Padre ci ha manifestato in Gesù. Nella prima lettera di Giovanni ci viene detto: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,19).  La risposta che il Signore ardentemente desidera da noi è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui.

          Accettare il suo amore, però, non basta. Occorre corrispondere a tale amore ed impegnarsi poi a comunicarlo agli altri.  Contemplare Gesù come “Colui che hanno trafitto” ci deve spingere ad aprire il cuore agli altri per alleviare i drammi della solitudine, dell’abbandono, della malattia e della morte di tante persone.

La Quaresima sia per ognuno di noi una rinnovata esperienza dell’amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta “ridonare” al prossimo, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno. Solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua ed essere “testimoni di Gesù Cristo risorto speranza del mondo”

Da Gesù Cristo Crocifisso e Risorto emana una luce che può illuminare le nostre intelligenze e riscaldare nostri i cuori con un amore disinteressato da cui scaturisce la disponibilità a condividere il dolore di altri superando il proprio tornaconto personale, ma offrendo il proprio contributo come stanno facendo tanti operatori sanitari e tanti volontari in occasione di questa epidemia.

C’è una lunga tradizione della Chiesa cattolica di preghiere e atti di culto per debellare le pestilenze o altre malattie infettive e per prendersi cura dei malati, dei moribondi , di cui sono state protagoniste molte confraternite.

La crisi provocata dalla diffusione del coronavirus può offrire un’occasione ai membri delle nostre Confraternite di testimoniare la solidarietà, l’attenzione e la genialità che nascono da un’esperienza di fede convintamente abbracciata e vissuta.

 Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli.

  1. + Michele Pennisi