Siete il Popolo di Dio che conosco, che ho amato e che mai potrò dimenticare.

Omelia pronunciata durante la Celebrazione Eucaristica presieduta presso la Cattedrale di Albano
18-09-2022

Carissimi fratelli sorelle è una grande emozione per me, presiedere questa celebrazione eucaristica, con tutti voi: amici, collaboratori, religiosi e religiose, i miei genitori, mio fratello con la sua famiglia, i miei nipoti… siete il Popolo di Dio che conosco, che ho amato e che mai potrò dimenticare.

È un’emozione presiedere alla presenza del vescovo di Albano, Vicenzo, che ringrazio per l’invito di quest’oggi ed anche per l’affabilità con la quale mi ha accompagnato nel passaggio da Albano a Monreale, da sacerdote a vescovo. Nella persona del vescovo di Albano, ricordo e ringrazio i pastori che mi hanno accompagnato nel cammino vocazionale. Anzitutto Mons. Dante Bernini, che mi ha accolto in seminario e mi ha voluto bene e sono sicuro, che ancora oggi mi sta accanto… Poi il cardinale Agostino Vallini e, in modo speciale, Mons. Marcello Semeraro, oggi Cardinale Prefetto del Dicastero delle cause dei Santi, che avrebbe voluto essere presente, ma impegnato in un’altra celebrazione.

Mi emoziona e mi commuove, l’essere contornato da voi confratelli nel sacerdozio. Siete il presbiterio nel quale sono cresciuto e con il quale ho sperimentato la fatica e le gioie della fraternità sacerdotale. Grazie a tutti, anche ai fratelli sacerdoti che, non potendo essere presenti, mi hanno chiamato…

Saluto il sig. Sindaco e le autorità civili e militari di Albano. Saluto cordialmente il Sindaco e gli assessori del Comune di Monreale che hanno voluto essere presenti questa sera. La loro presenza è un segno di stima e di amicizia con l’amministrazione comune di Albano Laziale.

Grazie a tutti!

Le letture proposte dalla liturgia non sembrano adatte all’occasione… In questi anni, però, ho imparato una cosa: il Signore non parla a comando, non dice quello che vorremmo sentirci dire. La Parola di Dio è libera e quindi stupisce, spiazza perché sempre nuova, e, al contempo, è liberante per chi la accoglie. Perciò mi sono domandato: da cosa vuole liberarci la Parola che questa sera è stata proclamata?

Le letture toccano un tema fondamentale per la vita di ciascun credente, il rapporto con la ricchezza: «Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?».

Il contesto della parabola di Gesù ci fa intendere che la ricchezza di cui si parla è il denaro. Io mi permetto di suggerire di intendere questa ricchezza in modo più ampio: come tutto ciò che ci fa sentire “a posto”, che ci dà sicurezza; tutto ciò che spegne l’inquietudine di cercare Dio, perché ci fa sentire arrivati. In questo senso, nostra ricchezza sono anche le idee: la nostra idea di Chiesa, di presbiterio, di fraternità, di parrocchia, di vita cristiana, di Dio… l’idea stessa che abbiamo degli altri e di noi stessi può essere una ricchezza disonesta, che rischia, cioè, di renderci indisponibili ai progetti di Dio. Tutti abbiamo questa ricchezza con cui dobbiamo fare i conti e decidere come utilizzarla. Per questo la pagina del vangelo proclamata si rivolge a ciascuno di noi.

Per approfondire il tema della disonestà della ricchezza che inganna, Gesù racconta una parabola sconcertante. Narra infatti di un amministratore scaltro, che si contrappone alla figura del ricco, definito stolto. Gesù loda questo «amministratore disonesto», ma attenzione: egli ammira non la sua disonestà, ma la sua scaltrezza. Questo tale, infatti, quando il padrone decide di licenziarlo, si viene a trovare in una situazione difficile, apparentemente senza soluzioni. Che fare?

È il modo in cui decide di agire che viene elogiato da Gesù e indicato come stile da imitare. Nell’osservarlo, mi pare che si possano cogliere 3 passaggi del suo discernimento, con i quali ciascuno di noi personalmente e, magari, comunitariamente è invitato a confrontarsi.

  1. Agisce con prontezza. Non tergiversa, non recrimina, non protesta né cerca giustificazioni. Accoglie la nuova situazione e vi reagisce con lucidità. Noi spesso rimaniamo a lamentarci di questo modo che è cambiato, delle famiglie che non educano più, dei giovani che sono senza valori… e restiamo lì, immobili o al massimo organizziamo qualche convegno…
  2. Riconosce i propri limiti e debolezze: «zappare non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno». Non cerca, né tantomeno sogna soluzioni impari alle proprie possibilità. E non cerca nemmeno le responsabilità degli altri in questa situazione che lo ha colpito.
  3. Infine – questo l’aspetto qualificante del discernimento – sa farsi «degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne». In altre parole, sa trasformare beni e ricchezze in relazioni. Qui sta la vera scaltrezza che il Signore chiede ai discepoli.

Durante l’Angelus del 22 settembre 2019, papa Francesco, commentando questa pagina di Lc, disse: La ricchezza può spingere ad erigere muri, creare divisioni, discriminazioni. Gesù, al contrario, invita i suoi discepoli ad invertire la rotta: «fatevi degli amici con la ricchezza».

Carissimi, mi pare che questa parabola ci metta in guardia dal rischio di vivere anche il vangelo, le nostre comunità, i gruppi, le associazioni, i servizi pastorali che ci vengono affidati come “ricchezza disonesta” che promette e non mantiene, che divide e allontana.

La Chiesa è chiamata a spendersi, a perdersi per intessere nuove relazioni. È chiamata ad essere missionaria; ci è ormai famigliare l’espressione di papa Francesco Chiesa in uscita. Ma cosa significa per la Diocesi di Albano? Cosa significa per noi: sacerdoti, consacrati e consacrate, uomini e donne, battezzati tutti?

Alla luce della pagina del vangelo di quest’oggi, mi pare si possa dire che significa investire tutto ciò che abbiamo e siamo in relazioni. Cioè perdere, svendere, regalare ciò che ci fa sentire ricchi e sicuri per intessere nuove relazioni, percorrendo la via dell’accompagnare e del discernere.

Imitiamo Dio che esce da sé stesso, mette a repentaglio la propria identità, la propria divinità, regala la sua stessa vita mettendola tra le mani di gente poco raccomandabile… e tutto questo lo fa, per un unico motivo, con un unico scopo: quello di stringere una relazione nuova e vivificante con l’umanità.

Stiamo attenti perché rischiamo di rendere anche la Chiesa rischia una ricchezza disonesta. Per questo il Papa, con il Sinodo, ci chiede di riformare la Chiesa: ri-formare, cioè ridare la forma originale alla Chiesa, alla vita comunitaria, alle nostre parrocchie e alle nostre vite personali.

Auguro alla Diocesi di Albano, come a quella di Monreale, di avere il coraggio di regalare le ricchezze per guadagnare relazioni nuove tra di noi, con l’umanità di questo tempo e con Dio, mettendo in pratica i tre passi del discernimento compiuto dall’amministratore disonesto:

  1. agire subito, senza aspettare tempi migliori,
  2. fare ciò che è possibile considerando anche i propri limiti,
  3. investire tutto ciò che possiede per intessere relazioni nuove.

Maria, madre della Chiesa e di Misericordia accompagni questo nostro cammino.
Amen.