Un solo Corpo, un solo Spirito

Corpus Domini 2023
11-06-2023

«Ricordati!» è l’imperativo con cui Mosè invita Israele, ormai giunto alla soglia della Terra promessa, a fare memoria del cammino percorso fino a quel momento: quaranta interminabili anni nel deserto.
Mosè, è come se dicesse che non basta aver camminato, occorre ricordare la strada; anzitutto perché solamente rileggendola a distanza, dopo che la si è percorsa, si giunge a capirne il significato. C’è poi un secondo motivo, più decisivo: occorre ricordare per consentire al cammino percorso, cioè alla storia vissuta, di diventare memoria. E, diventando memoria, di costituire un fondamento per il cammino che resta da fare: il fondamento per una identità; il fondamento per le scelte da compiere.
Oggi celebriamo la solennità del Corpus Domini. Veneriamo e contempliamo il Mistero del Corpo e del Sangue di Gesù. La nostra attenzione è tutta rivolta al dono fattoci da Gesù nell’ultima cena. Un dono accompagnato dall’invito: «fate questo in memoria di me». La celebrazione eucaristica, lo sappiamo, è il memoriale della morte e risurrezione di Gesù, è molto più che un semplice ricordare i fatti accaduti.
L’identità di una persona, ma anche di una comunità o di un popolo, sta nella sua memoria. Non una memoria nostalgica che ricorda i “bei tempi passati”, ma una memoria profetica, che non chiude nel passato, ma orienta verso il futuro. È questo il modo di “ricordare” che dovrebbe caratterizzare noi cristiani: custodire la memoria e farne radice viva, feconda, cioè capace di portare un frutto che, da un lato, rappresenta il compimento di ciò che si è vissuto e, dall’altro, costituisce un nuovo inizio.
Noi corriamo il rischio di essere divoratori di “presente” lasciando cadere tutti i semi di futuro che in esso la storia vissuta ha innestato. La nostra è una società smemorata non perché non sappia ricordare il passato, ma perché manca la connessione al futuro.
Il mistero del Corpus Domini è colmo di futuro! Gesù ha fatto del pane e del vino, sacramento del suo corpo e del suo sangue, la memoria della sua Pasqua; memoria di cui nutrirci, perché frutto maturo del suo Amore interamente donato per noi, ma anche seme di vita nuova, se piantato e coltivato nel terreno del nostro cuore.
La memoria della Pasqua diviene, infatti, in ogni celebrazione eucaristica, un pane da mangiare e un vino da bere: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Questo linguaggio, utilizzato da Gesù, scandalizza non solo i Giudei in generale, ma anche i suoi discepoli scrive Giovanni nei versetti successivi a quelli proclamati in questa celebrazione: «Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”» …ma su questo discorso Gesù non fa sconti…
Perché Gesù utilizza questo linguaggio? Perché non ha utilizzato immagini più accettabili dall’uditorio?
Mangiare, bere, sono verbi che esprimono anzitutto una assoluta necessità: qualcosa di cui non possiamo fare a meno se vogliamo vivere. Evocano inoltre un’assimilazione interiore, che fa sì che il cibo che mangio lo metabolizzi e diventi carne della mia carne. La vita dei discepoli inizia, così, a dimorare nella comunione con la vita di Gesù e, reciprocamente, la vita stessa di Gesù entra in loro li trasforma.
Ecco Il senso profondo di quell’imperativo, «Ricordati!», che risuona sulle labbra di Mosè. Al cuore della mia memoria non c’è solamente quello che io ho vissuto; nel fare memoria incontro anche il come Gesù ha vissuto, trovo la sua Pasqua, che diventa così il principio vitale, sorgivo, della mia esistenza.
Non solo ricordo, ma divento io stesso, grazie al suo dono e all’accoglienza della mia libertà, sua memoria vivente!
Non è forse questo il significato di ciò che Gesù oggi afferma in Giovanni: «colui che mangia me vivrà per me»?
«Per me»: cioè attraverso il mio dono, ma anche verso di me, in vista di me, per diventare sempre più somigliante al mio modo di essere, di vivere, di amare!
Ciò che fa vivere Gesù diventa ciò che fa vivere anche te, anche noi.
Papa Francesco, per il quale vogliamo anche questa sera avere uno speciale ricordo nella preghiera, all’angelus del 22 giugno 2014 disse: “Ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa e ci nutriamo del Corpo di Cristo, la presenza di Gesù e dello Spirito Santo in noi agisce, plasma il nostro cuore, ci comunica atteggiamenti interiori che si traducono in comportamenti secondo il Vangelo”. Ma è veramente così?
Proseguendo il Papa, indicò gli atteggiamenti che la comunione al Corpo di Gesù ci comunica: “Anzitutto la docilità la parola di Dio, poi la fraternità tra di noi, il coraggio della testimonianza cristiana, la fantasia della carità, la capacità di dare speranza agli sfiduciati, di accogliere gli esclusi”. Questi “atteggiamenti” rappresentano quei “semi” che il memoriale del Corpus Domini ci consegna e che noi dobbiamo lasciare cadere nella nostra vita, poi li dobbiamo accogliere e custodire perché crescano in noi e diventino nostra vita vissuta.
Concludendo, permettetemi di consegnare a voi e alla nostra diocesi uno di questi atteggiamenti, quello che è stato richiamato anche dalla seconda lettura: «poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane». Facendoci vivere di lui e per lui, Gesù ci trasforma in un solo corpo.
Sia la fraternità il nostro impegno, l’atteggiamento che ci è donato dal Corpus Domini e che noi dobbiamo far crescere e fruttificare anzitutto in noi e poi tra di noi.
Pasqua non è soltanto passaggio dalla morte alla vita; e anche via che conduce dalla dispersione alla comunione: diventiamo un solo corpo, anzi, il suo corpo.
Sia questo il nostro impegno: «un solo corpo e un solo spirito», la fraternità.