«Voi siete edificio di Dio»

26-04-2024

Festa della Dedicazione della Cattedrale

La ragione per la quale siamo radunati, questa sera, attorno alla mensa eucaristica è data dall’annuale ricorrenza della festa della dedicazione della nostra Basilica Cattedrale. Non è un semplice anniversario, ma qualcosa di più rilevante per la vita della Chiesa particolare. 

Fra tutte le dimore nelle quali si radunano le assemblee dei nostri fedeli, la Cattedrale è la più insigne e la più nobile. Nessun edificio sacro è in condizione d’esercitare sull’animo nostro sentimenti uguali a quelli che, invece, qui c’investono. Tutto ciò non a motivo della innegabile sua bellezza e dello splendore dei suoi mosaici, ma per il fatto d’essere, questo edificio di culto, custode della Cattedra episcopale, segno del magistero e dell’autorità di chi, in nome di Cristo, presiede alla Chiesa particolare ed è segno dell’unità dei credenti in quella fede, che il vescovo annunzia come pastore del gregge.

Questa nostra Cattedrale è il luogo per eccellenza nel quale Iddio Padre edifica la santa Chiesa di Monreale come tempio vivo dello Spirito, ove egli la raduna e la fa crescere quale Corpo del Signore e come tale la manifesta agli occhi del mondo

Nella tradizione cristiana, poi, l’anniversario della dedicazione della Cattedrale è chiamato giorno natalis Ecclesiae, giorno che celebra il mistero della Chiesa. Su tale mistero, vorrei, almeno per qualche istante, fissare il nostro sguardo per coglierne alcuni riflessi che emergono alla luce della Parola di Dio proclamata. Mi soffermo sulla seconda letturaove l’Apostolo Paolo, proclamando la dignità e la qualità del nostro essere Chiesa, ci dice: «Voi siete edificio di Dio» (1Cor 3,9c).

Carissimi sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi, fratelli e sorelle tutti: in quanto battezzati «Voi siete edificio di Dio».

1. Questa espressione San Paolo la utilizza per descrivere la Chiesa. Qui, nel capitolo terzo della Prima lettera ai Corinzi, l’apostolo utilizza tre immagini: piantagione o campo di Dio (vv.6-9), edificio fondato su Cristo (vv.10-15) e tempio dello Spirito (vv.16-17). L’apostolo, in seguito, utilizzerà anche altre immagini per esprimere al meglio la realtà della comunità dei credenti. Questa abbondanza di metafore per descrivere la Chiesa ci suggerisce che è impossibile rappresentare la realtà della Chiesa con una immagine soltanto, sarebbe insufficiente per esprimerne la ricchezza. Potremmo, da ciò, dire così: non basta il vescovo per fare la Chiesa; non basti tu, il tuo gruppo, la tua parrocchia, quelli che pregano come te e che condividono con te le stesse convinzioni e tradizioni… per essere Comunità dei figli della risurrezione, dobbiamo aprirci agli altri e alla fantasia dello Spirito. La Chiesa è sempre un “noi” mai contrapposto a nessun “altri”. Una comunità in cui non si tende all’unità non è Chiesa di Cristo.

2. La metafora dell’edificio di Dio consente a Paolo di attribuirsi il compito dell’architetto chiamato, quindi, ad edificareL’apostolo, tuttavia, non agisce come un tecnico umano che decide sul tipo di fondazione; egli si dimostra un «saggio architetto», perché alla base della comunità getta un fondamento che già vi si trova: Gesù Cristo. Paolo non inventa nulla: “io vi ho trasmesso quello che a mia volta ho ricevuto” (1Cor11,23). 

Dio rimane sempre il soggetto, mai può trasformarsi nell’oggetto. L’opera dell’apostolo è gettare quel fondamento posto già in precedenza da Dio: il Cristo. È solo lui, il crocifisso, l’unica pietra fondamentale sulla quale deve poggiare tutto l’edificio. La responsabilità dei ministri è, dunque, molto impegnativa perché la costruzione deve corrispondere alle fondamenta.

«Guai a me se non annuncio il vangelo» (1Cor, 9-16) esclamerà l’apostolo Paolo. Guardando questo nostro edificio, mi verrebbe da dire che esso adempie pienamente questa necessità, la sua struttura e l’apparato musivo proclamano il Cristo salvatore del mondo. Al contempo richiama me ed anzitutto voi carissimi sacerdoti e diaconi, al delicato compito di annunciare, con la nostra vita, il vangelo di Cristo morto e risorto

Visitando le comunità parrocchiali, le scuole, gli ospedali e i diversi luoghi di vita, mi pare che la gente si rivolga a noi con la medesima domanda di quei greci che a Filippo dissero«Vogliamo vedere Gesù» (Gv12,21). Come rispondiamo? Il mondo non ha bisogno di vedere noi, di restare imbrigliato nella nostra mediazione, nel carisma di qualche “fuori classe dello Spirito”, nella capacità manipolatoria di chi si sente mistico/a; non convincono le decorazioni, le tradizioni, i canti oggi l’umano chiede: «Vogliamo vedere Gesù»; vogliamo, come Tommaso, toccare le sue ferite ed essere da lui redenti e in lui restituiti alla comunità”. Fratelli e sorelle, il velo del tempio è già stato squarciato (Mt 27,51), non ostiniamoci a rammendarlo con pezzi di stoffa vecchia: «vino nuovo in otri nuovi» (cf. Mc 2,21-22).

Accogliamo umilmente il richiamo di Paolo: «ciascuno stia attento a come costruisce». Vale per noi ministri, ma vale per ciascun battezzato: state attenti a come vivete il vostro battesimo, a come agite nella Chiesa e per la Chiesa. A tutti noi il Signore affida una responsabilità immensa.

3. La comunità Cristiana è considerata, infine, come «tempio di Dio», perché in essa inabita lo Spirito di Dio: «non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?»Noi, carissime sorelle e fratelli, non siamo una semplice associazione di persone, ma l’autentico tempio di Dio in cui Dio stesso agisce mediante il suo Spirito di santità. Di conseguenza siamo il luogo della sua reale presenza nel mondo. La nostra Cattedrale, per quanto straordinariamente bellaè soltanto un “luogo di cultonoi siamo il tempio di Dio, il luogo della sua presenza: che mistero grande Cristo e la sua Chiesa (Ef 5,32)! 

Concludo con questa forte espressione di Paolo: «Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distrugge lui»Mi affido al commento di un biblista italiano, Giuseppe Barbaglio, che scriveva cosìLa comunità è grandezza appartenente a Dio e santificata dallo Spirito santo; chi la rovina scatena la reazione del suo Divino abitante. Della Chiesa, Dio non è solo creatore e artefice di crescita, ma anche difensore gelosissimo. Attentando contro di essa, si attenta in ultima analisi contro di lui”1

Dilaniare lunità della Chiesa, alimentare le maldicenze, decidere di fare da soli… è commettere un attentato contro la santità di Dio stesso, che “distruggerà” coloro che profanano il suo santuario. 

L’odierna festa ci richiama all’impegno per l’unità della nostra Chiesa diocesana che possiamo realizzare percorrendo un’unica strada: quella della fraternità. Chi non percorre questa via offende Dio attendando alla natura stessa della Chiesa.

Maria, Madre della Chiesa, ci mantenga sulla via della fraternità. Amen

1. G. Barbagallo, La prima lettera ai Corinzi, 204, EDB.